Il Post \ In Italia non si sa quante siano le persone con disabilità
La legge di Bilancio approvata alla fine dello scorso anno ha aumentato i soldi destinati al fondo per le politiche per le persone con disabilità: dai 300 milioni di euro previsti per il 2022 si è passati a 350 milioni all’anno fino al 2026, che servono a finanziare molti servizi indispensabili dedicati anche alle persone che eventualmente le assistono. Tuttavia, per lo stesso governo è molto complicato capire se questi fondi siano sufficienti perché in Italia non si sa quante siano effettivamente le persone con disabilità.
La mancanza di dati certi è un grosso problema di cui associazioni, fondazioni, esperti ed esperte discutono da tempo e a cui ISTAT, l’istituto nazionale di statistica, sta cercando faticosamente di rimediare. Una delle conseguenze di questa carenza è che tutte le politiche di sostegno e assistenza, non esclusivamente sanitarie, così come i fondi specifici per l’inclusione, l’accesso al lavoro, all’istruzione e allo sport o ancora l’eliminazione delle barriere architettoniche e la progettazione di luoghi inclusivi sono stati pensati e finanziati sulla base di stime ricavate da sondaggi, quindi approssimative.
Uno dei limiti principali dei dati che riguardano le persone con disabilità è la definizione stessa di disabilità. Secondo l’International classification of functioning, disability and health (Icf), la disabilità infatti non riguarda esclusivamente la presenza di un deficit fisico o psichico. È un concetto ripreso dalla Convenzione delle Nazioni Unite (ONU) del 2006 che ha spostato l’attenzione dalle condizioni individuali al contesto sociale della persona con disabilità in quanto protagonista di relazioni con ambienti e persone. La convenzione spiega che le persone con disabilità «presentano durature menomazioni fisiche, mentali, intellettive o sensoriali che in interazione con barriere di diversa natura possono ostacolare la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su base di uguaglianza con gli altri».
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Informa Disabile / Perché abbiamo bisogno di più dati aperti sulla disabilità
“La rappresentazione mediatica passa soprattutto attraverso i dati”. Simone Riflesso è un content creator e attivista queer che da tempo si batte per un cambio della narrazione e per una rappresentazione equa di tutte le persone discriminate per il genere, l’orientamento sessuale e la disabilità. Riflesso è parte del progetto Disabled data, o Dati Disabilitati, una piattaforma digitale promossa dalla fondazione FightTheStroke e progettata da Sheldon.studio con il supporto di onData, che ha lo scopo di rendere disponibili a un pubblico più ampio i dati che riguardano la disabilità, spesso sparpagliati, incompleti o “nascosti”. Al progetto hanno collaborato, oltre ad attivisti e a chi da sempre si batte per i diritti o per una narrazione più adeguata, anche minatori di dati, designer inclusivi, giornalisti investigativi e sviluppatori. Alla piattaforma verranno aggiunte altre sezioni rispetto a quelle attuali fino al 3 dicembre, quando, in occasione della Giornata internazionale delle persone con disabilità, verrà completata.
“Ancora oggi ci sono notizie di cronaca che riguardano le persone con disabilità poco efficaci per il tipo di narrazione che propongono – denuncia Francesca Fedeli, presidente di FightTheStroke -. Inoltre, abbiamo riscontrato una discontinuità nella fornitura dei dati da parte di Istat ed Eurostat. Anche il sito che dovrebbe divulgare questi dati, Disabilità in cifre, ha chiuso, ma grazie a noi ha ripreso la sua attività”.
“Abbiamo iniziato cercando i dati da chi in Italia prende dati sulla salute e sulla sanità. All’inizio non abbiamo trovato un granché – racconta Andrea Borruso, presidente di OnData -. Poi ci siamo imbattuti progetto di Istat, Disabilità in cifre, un sito spento da almeno un anno, e li abbiamo contattati. Ha ripreso infatti la sua attività dopo 20 giorni“. OnData si è occupata anche di rendere più accessibile l’interfaccia di Disabilità in cifre: “Prima per accedere ai dati dal sito, era necessario fare infiniti click. Abbiamo creato un software che fa in automatico i click e genera file di insieme. Sheldon.studio, invece ha creato pagine in scrollytelling, curate anche in termini di accessibilità. Hanno trasformato dati grezzi in racconto virtuale e testuale”.
“Abbiamo provato a contattare qualche centro di ricerca di disabilità, ma tutti ponevano il problema della privacy, che, per quanto giusto e sacrosanto, da un punto di vista tecnico andrebbe gestito diversamente – spiega Borruso –. Troppi dati sulla sanità rimangano nelle banche dati originali in cui vengono raccolti. Questo non consente a una bellissima idea come quella di FightTheStroke di venire sviluppata. La cultura del dato va oltre i grafici, sono tantissimi gli interessati: chi fa ricerche, chi scrive articoli”,conclude.
Rappresentazione mediatica
“Spesso durante la raccolta dei dati, le domande vengono poste da persone che non hanno una disabilità. Questo è determinante per il racconto che ne consegue: l’intervistatore decide a monte quello che vuole sapere – spiega Riflesso -. Vengono usano espressioni come ‘persone costrette in carrozzina’: non è un linguaggio inclusivo. La persona neurodivergente o con disabilità dai media non è concepita come interlocutrice. Si parla sempre ‘di’ disabilità, mai ‘con’, e si tende a farlo solo in chiave pietistica”.
Un altro tipo di narrazione problematica, secondo Riflesso, è la spettacolarizzazione: “Soprattutto nello sport – spiega l’attivista- gli atleti con disabilità vengono descritti come supereroi, ma anche questo tipo di narrazione stigmatizza tutti coloro che non sono altrettanto performativi”. L’attivismo per la rappresentazione delle persone disabili si interseca anche con molte altre battaglie, tra cui quella per i diritti della comunità lgbtqia+. Tramite alcuni sondaggi, per uno dei suoi progetti, Riflesso ha creato una mappatura dell’accessibilità dei Pride: “Se non si pensa in maniera accessibile, si esclude in partenza chi è già emarginato”.
Violenza di genere e disabilità
Anche il genere influisce. “Le donne con disabilità hanno minori opportunità proprio perché essere donne e avere una disabilità ancora oggi significa essere sottoposte a una discriminazione multipla – denuncia Simona Lancioni, sociologa e responsabile del centro Informare un’H -. Non ci sono dati probabilistici che documentano i maggiori svantaggi di queste donne. Non c’è l’abitudine di raccogliere i dati a seconda del genere, che sembra diventare irrilevante”.
Non solo i dati che riguardano il genere, ma anche quelli su violenza e disabilità: “Gli ultimi dati probabilistici che abbiamo in materia di violenza di genere con riferimento alle donne con disabilità sono quelli pubblicati dall’Istat nel 2014 – continua Lancioni -. Dateci i dati è la campagna di sensibilizzazione con cui abbiamo chiesto che vengano disaggregati i dati per genere e disabilità nelle rilevazioni triennali, e con cui abbiamo chiesto di eseguire rilevazioni dell’accessibilità dei rifugi antiviolenza: devono tenere conto anche delle donne con disabilità. Spesso, infatti, riceviamo segnalazioni di barriere architettoniche nei centri antiviolenza. Una donna sorda, per esempio, non può comunicare nei centri se non c’è nessun operatore che conosce il suo linguaggio – segnala Lancione.
Da aprile la proposta di legge in materia di statistiche in tema di violenza di genere è stata approvata definitivamente, e grazie all’ordine del giorno dell’onorevole Lisa Noja, i dati saranno disgregati anche per disabilità: “Se non abbiamo dati non possiamo contrastare il fenomeno della violenza“, continua Lancioni -. Se la raccolta viene eseguita da un istituto di ricerca, i dati possono essere allargati all’intera popolazione, con il meccanismo che viene utilizzato per i sondaggi delle elezioni. Solo così si può descrivere il fenomeno”.
Oltre a descrivere la grandezza del fenomeno, la raccolta dei dati e la loro disgregazione per disabilità sono elementi fondamentali per l’organizzazione dell’accoglienza delle vittime di violenza e anche a creare le basi per interventi di prevenzione: “In proporzione al numero di vittime in una determinata regione si può stimare quanti centri servono in quella zona, o quanti soggetti formati per questo tipo di utenza servono, e si può stimare il numero di servizi che possono essere attivati all’occorrenza: se non si prevedono questi dati, non si può fare programmazione. Disporre dei dati significa avere un elemento oggettivo per andare nelle scuole e parlare di prevenzione. Solo così si crea una cultura che, a sua volta, crea consapevolezza nelle donne stesse. Una delle indagini del report Vera 2020 ha mostrato come alla domanda diretta ‘Hai mai subito violenza?’, il 36% delle donne (un campione non probabilistico) ha risposto di sì. Solo quando nel questionario le domande hanno iniziato a essere più specifiche sulle forme di violenza, quasi il doppio ha risposto di averle subite“.
Fonte: wired
Valigia Blu \ Disabled data, il progetto collaborativo per mappare e rendere accessibili i dati delle persone con disabilità in Italia
Disabled data, è un progetto per fare luce sui dati relativi alle persone con disabilità e sulle condizioni in cui vivono. La piattaforma si sviluppa in due direzioni: da un lato aprire una finestra sui dati associati al fenomeno della disabilità, dall’altro supportare i cittadini nella ricerca e comprensione dei dati attualmente disponibili. [
Wired \ Perché abbiamo bisogno di più dati aperti sulla disabilità
“La rappresentazione mediatica passa soprattutto attraverso i dati”. Simone Riflesso è un content creator e attivista queer che da tempo si batte per un cambio della narrazione e per una rappresentazione equa di tutte le persone discriminate per il genere, l'orientamento sessuale e la disabilità. Riflesso è parte del progetto Disabled data, o Dati Disabilitati, una piattaforma digitale promossa dalla fondazione FightTheStroke e progettata da Sheldon.studio con il supporto di onData, che ha lo scopo di rendere disponibili a un pubblico più ampio i dati che riguardano la disabilità, spesso sparpagliati, incompleti o “nascosti”. Al progetto hanno collaborato, oltre ad attivisti e a chi da sempre si batte per i diritti o per una narrazione più adeguata, anche minatori di dati, designer inclusivi, giornalisti investigativi e sviluppatori. Alla piattaforma verranno aggiunte altre sezioni rispetto a quelle attuali fino al 3 dicembre, quando, in occasione della Giornata internazionale delle persone con disabilità, verrà completata.
“Ancora oggi ci sono notizie di cronaca che riguardano le persone con disabilità poco efficaci per il tipo di narrazione che propongono- denuncia Francesca Fedeli, presidente di FightTheStroke -. Inoltre, abbiamo riscontrato una discontinuità nella fornitura dei dati da parte di Istat ed Eurostat. Anche il sito che dovrebbe divulgare questi dati, Disabilità in cifre, ha chiuso, ma grazie a noi ha ripreso la sua attività”.
“Abbiamo iniziato cercando i dati da chi in Italia prende dati sullasalute e sulla sanità. All'inizio non abbiamo trovato un granché -racconta Andrea Borruso, presidente di OnData -. Poi ci siamo imbattuti progetto di Istat, Disabilità in cifre, un sito spento da almeno un anno, e li abbiamo contattati. Ha ripreso infatti la sua attività dopo 20 giorni". OnData si è occupata anche di rendere più accessibile l'interfaccia di Disabilità in cifre: “Prima per accedere ai dati dal sito, era necessario fare infiniti click. Abbiamo creato un software che fa in automatico i click e genera file di insieme. Sheldon.studio, invece ha creato pagine in scrollytelling, curate anche in termini di accessibilità. Hanno trasformato dati grezzi in racconto virtuale e testuale”.
AssiFero
Quante sono le persone con disabilità in Italia?
Di preciso non ci è dato saperlo, e non è un’operazione facile. La più recente definizione di disabilità include tutti coloro che non dispongono di pari opportunità e sono impossibilitati nella vita quotidiana a causa di limiti imposti dal contesto. In parole povere, questo dato include una quantità enorme di persone, che magari temporaneamente si trovano in una condizione di disabilità, in seguito a un incidente, una malattia, all’avanzare dell’età o a un evento qualsiasi che prima o poi rischia di limitarci nella vita che siamo abituati a condurre. Parlare di disabilità è quindi molto complesso, le sfumature sono tantissime, e i dati in questo caso non aiutano. Pubblicati in formati non accessibili a tutti, a volte nascosti all’interno di report, oppure sparpagliati su più piattaforme o perfino incompleti. Anche questi dati si possono definire ‘disabilitati’, non potendo esprimere il loro potenziale analitico e informativo, a causa di limiti imposti dal contesto.
Ed è proprio da quest’ultima riflessione che nasce l’idea di Disabled Data o Dati Disabilitati.
Si tratta di una piattaforma digitale promossa dalla Fondazione FightTheStroke e progettata da Sheldon.studio con il supporto di onData per aprire i dati a un pubblico più ampio.
“Abbiamo lavorato a questo progetto da oltre un anno, con una squadra fluida ma multifunzionale: i rappresentanti dei diritti, i minatori dei dati, i designer inclusivi, i giornalisti investigativi, gli sviluppatori. L’obiettivo è sempre stato quello di dare una risposta collettiva ai bisogni espressi dalla comunità delle persone con disabilità e dai loro alleati, superando le sfide dei pregiudizi, del dialogo mancato, degli interessi personali e delle fonti dati inaccessibili. Stanchi di leggere titoli di giornali banalizzanti o di sentirci dire che quell’informazione non era disponibile in maniera disaggregata perché riguardante ‘la
privacy di persone vulnerabili’. Nonostante le barriere incontrate, ci è sembrato comunque doveroso perseguire l’obiettivo di una piattaforma comune, che andasse oltre il singolo corporativismo tipico di questo settore e che attraverso audizioni periodiche disegnasse uno spazio inclusivo e accessibile a tutti, ascoltando la voce di beneficiari, famiglie, statisti, medici, legali, giornalisti e istituzioni, da Nord a Sud, online e offline. ” afferma Francesca Fedeli, Presidente della Fondazione FightTheStroke ETS che si occupa di giovani con una disabilità di Paralisi Cerebrale Infantile e che ha finanziato il progetto con proprie risorse e in linea con una missione universale di difesa dei diritti delle persone con disabilità.
“L’obiettivo è quello di rendere maggiormente accessibili e restituire a giornalisti, esperti, cittadini, e attivisti i dati messi a disposizione da ISTAT ed EUROSTAT, affinché si possa parlare e scrivere di disabilità in maniera più informata e consapevole.” aggiunge Matteo Moretti designer e co-fondatore di Sheldon.studio che ha curato il design e lo sviluppo del progetto, con una particolare attenzione all’accessibilità del dato a persone con ogni tipo di disabilità. “Il lavoro di ISTAT è ammirevole, sia chiaro, e speriamo che Disabled Data serva come stimolo per ripensare insieme la filiera dei dati sulla disabilità, verso un processo di raccolta, pubblicazione, analisi e racconto più consistente e accessibile, in modo che i dati siano un bene comune.” conclude Andrea Borruso, presidente dell’Associazione OnData che
si è occupata di raccogliere e razionalizzare i dati presentati sulla piattaforma.
Disabled Data è al suo primo rilascio, nei prossimi mesi verrà arricchito con ulteriori sezioni, per arrivare alla versione finale entro il 3 Dicembre, Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità, consentendo anche la possibilità di ricercare, condividere e contribuire alla piattaforma.
Da oggi, chiunque voglia scrivere, documentarsi o parlare di disabilità, ha uno strumento in più, verso una narrazione e soprattutto una percezione della disabilità consapevole e libera da stereotipi.
Ashoka \ DisabledData, una piattaforma digitale per liberare i dati sulla disabilità
FightTheStroke, fondata dall'Ashoka Fellow Francesca Fedeli, lancia DisabledData per rendere accessibili i dati sul mondo della disabilità.
Quante sono le persone con disabilità in Italia?
La più recente definizione di disabilità include tutti coloro che non dispongono di pari opportunità e sono impossibilitati nella vita quotidiana a causa di limiti imposti dal contesto. Tuttavia, questo dato include una quantità notevole di persone, che magari temporaneamente si trovano in una condizione di disabilità, in seguito a un incidente, una malattia, all’avanzare dell’età o a un evento qualsiasi che prima o poi rischia di limitarci nella vita che siamo abituati a condurre.
Parlare di disabilità è quindi molto complesso, le sfumature sono tantissime, e i dati in questo caso non aiutano. Pubblicati in formati non accessibili a tutti, a volte nascosti all’interno di report, oppure sparpagliati su più piattaforme o perfino incompleti. Anche questi dati si possono definire ‘disabilitati’, non potendo esprimere il loro potenziale analitico e informativo, a causa di limiti imposti dal contesto.
È da questa riflessione che nasce l’idea di Disabled Data o Dati Disabilitati.
Disable Data è una piattaforma digitale promossa dalla Fondazione FightTheStroke, fondata dall'Ashoka Fellow Francesca Fedeli. La piattaforma è progettata da Sheldon.studio con il supporto di onData per aprire i dati a un pubblico più ampio.
“Abbiamo lavorato a questo progetto da oltre un anno, con una squadra fluida ma multifunzionale: i rappresentanti dei diritti, i minatori dei dati, i designer inclusivi, i giornalisti investigativi, gli sviluppatori. L’obiettivo è sempre stato quello di dare una risposta collettiva ai bisogni espressi dalla comunità delle persone con disabilità e dai loro alleati, superando le sfide dei pregiudizi, del dialogo mancato, degli interessi personali e delle fonti dati inaccessibili. Stanchi di leggere titoli di giornali banalizzanti o di sentirci dire che quell’informazione non era disponibile in maniera disaggregata perché riguardante ‘la privacy di persone vulnerabili’. Nonostante le barriere incontrate, ci è sembrato comunque doveroso perseguire l’obiettivo di una piattaforma comune, che andasse oltre il singolo corporativismo tipico di questo settore e che attraverso audizioni periodiche disegnasse uno spazio inclusivo e accessibile a tutti, ascoltando la voce di beneficiari, famiglie, statisti, medici, legali, giornalisti e istituzioni, da Nord a Sud, online e offline. ”, racconta Francesca.
Nei prossimi mesi la piattaforma verrà arricchita con ulteriori sezioni, per arrivare alla versione finale entro il 3 Dicembre, Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità, consentendo anche la possibilità di ricercare, condividere e contribuire alla piattaforma. Da oggi, chiunque voglia scrivere, documentarsi o parlare di disabilità, ha uno strumento in più, verso una narrazione e soprattutto una percezione della disabilità consapevole e libera da stereotipi.
Se non esistono buoni dati sulla disabilità, chi sono le persone con disabilità?
I dati disponibili sulla disabilità sono pubblicati in formati non accessibili a tutti, a volte sono “nascosti” all’interno di report, sparpagliati su più piattaforme o perfino incompleti. Anch’essi, dunque, si possono definire “disabilitati”, a causa di limiti imposti dal contesto, così come le stesse persone con disabilità. Da questa riflessione è nata Disabled Data (“Dati Disabilitati”), piattaforma digitale che propone una prima mappatura dei dati stessi, realizzata per agevolarne la lettura, nonché l’analisi critica e la messa a disposizione per l’adozione di politiche efficaci
«Quante sono le persone con disabilita in Italia? Di preciso, purtroppo, non ci è dato saperlo, e non è un’operazione facile. La “nuova” definizione di disabilità, infatti, risalente al 2006, ovvero alla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, include tutti coloro che non dispongono di pari opportunità e sono impossibilitati nella vita quotidiana a causa di limiti imposti dal contesto. In parole povere, questo dato comprende una quantità enorme di persone, che magari temporaneamente si trovano in una condizione di disabilità, in seguito a un incidente, una malattia, all’avanzare dell’età o a un evento qualsiasi, che prima o poi rischia di limitare vita che ognuno è abituato a condurre».
A dirlo sono i promotori della piattaforma digitale Disabled Data, che aggiungono: «Parlare di disabilità è pertanto molto complesso, le sfumature sono tantissime, e i dati in questo caso non aiutano, perché sono pubblicati in formati non accessibili a tutti, a volte nascosti all’interno di report, oppure sparpagliati su più piattaforme o perfino incompleti. Anche questi dati, dunque, si possono definire “disabilitati”, non potendo esprimere il loro potenziale analitico e informativo, a causa di limiti imposti dal contesto. Ed e proprio da quest’ultima riflessione che è nata l’idea di Disabled Data o “Dati Disabilitati”».
L’iniziativa è stata voluta dalla Fondazione FightTheStroke, che si occupa di giovani con disabilita causata da una paralisi cerebrale infantile e che ha finanziato il progetto con proprie risorse, ponendosi in linea con una missione universale di difesa dei diritti delle persone con disabilita. La progettazione è stata curata da Sheldon.studio, con il supporto dell’Associazione onData, per aprire i dati a un pubblico più ampio.
«Abbiamo lavorato a questo progetto da oltre un anno – spiega Francesca Fedeli, presidente della Fondazione FightTheStroke -, con una squadra fluida, ma multifunzionale: i rappresentanti dei diritti, i “minatori” dei dati, i designer inclusivi, i giornalisti investigativi, gli sviluppatori. L’obiettivo è sempre stato quello di dare una risposta collettiva ai bisogni espressi dalla comunità delle persone con disabilità e dai loro alleati, superando le sfide dei pregiudizi, del dialogo mancato, degli interessi personali e delle fonti dati inaccessibili, stanchi di leggere titoli di giornali banalizzanti o di sentirci dire che quell’informazione non era disponibile in maniera disaggregata, perché riguardante “la privacy di persone vulnerabili”. Nonostante le barriere incontrate, ci è sembrato comunque doveroso perseguire l’obiettivo di una piattaforma comune, che andasse oltre il singolo corporativismo tipico di questo settore e che attraverso audizioni periodiche, disegnasse uno spazio inclusivo e accessibile a tutti, ascoltando la voce di beneficiari, famiglie, statisti, medici, legali, giornalisti e istituzioni, da Nord a Sud, online e offline».
«Lo scopo di questa iniziativa – afferma dal canto suo Matteo Moretti, designer e co-fondatore di Sheldon.studio, che ha curato il design e lo sviluppo del progetto, con una particolare attenzione all’accessibilità del dato a persone con ogni tipo di disabilita – è quello di rendere maggiormente accessibili e restituire a giornalisti, esperti, cittadini e attivisti i dati messi a disposizione da ISTAT ed EUROSTAT, affinché si possa parlare e scrivere di disabilità in maniera più informata e consapevole».
«Il lavoro dell’ISTAT – conclude Andrea Borruso, presidente dell’Associazione OnData, che si e occupata di raccogliere e razionalizzare i dati presentati sulla piattaforma – è ammirevole, sia chiaro, e speriamo che Disabled Data serva come stimolo per ripensare insieme la filiera dei dati sulla disabilità, verso un processo di raccolta, pubblicazione, analisi e racconto più consistente e accessibile, in modo che i dati siano un bene comune».
Nei prossimi mesi Disabled Data verrà arricchito con ulteriori sezioni, per arrivare alla versione finale entro il 3 dicembre, Giornata Internazionale delle Persone con Disabilita, consentendo anche la possibilità di ricercare, condividere e contribuire alla piattaforma.
Chi dunque voglia scrivere, documentarsi o parlare di disabilità ha uno strumento in più per proporre una narrazione, e soprattutto una percezione della disabilità, consapevole e libera da stereotipi.
A contribuire al progetto è stata anche la sociologa Simona Lancioni, responsabile di Informare un’h-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa) e anche autorevole firma del nostro giornale, che dichiara: «Ritengo che raccogliere dati sulla disabilità voglia dire riconoscere che la disabilità non esiste come fenomeno astratto, e che quando parliamo di disabilità, in realtà stiamo parlando di persone che oltre ad avere un qualche tipo di menomazione (fisica, sensoriale o intellettiva), hanno anche molte altre caratteristiche che influiscono in vario modo sulla possibilità di integrarsi e di partecipare a tutti gli àmbiti della vita».
«Concentrarsi su una variabile alla volta – prosegue – la disabilità, il genere (binario e non), l’orientamento sessuale, l’appartenenza etnica ecc., così com’è stato fatto sinora, impedisce di cogliere la persona nella sua interezza. Ma nella realtà, giusto per fare un esempio, le discriminazioni di genere subite da una donna con disabilita vanno a sommarsi a quelle che la stessa donna subisce in quanto persona con disabilità. Dunque, che senso ha continuare a trattare questi due dati (ammesso che vengano raccolti) come se si riferissero a due soggetti diversi? Per dare risposte adeguate alle reali esigenze delle persone (con disabilità e non), dobbiamo smettere di smembrare le persone e iniziare a smembrare (disaggregare) i dati. Mi sembra che Disabled Data vada in questa direzione. (S.B.)
Disabled Data. “Se i dati non esistono, le persone non esistono”
Quante sono le persone con disabilità in Italia? Di preciso non ci è dato saperlo, e non è un’operazione facile. La più recente definizione di disabilità include tutti coloro che non dispongono di pari opportunità e sono impossibilitati nella vita quotidiana a causa di limiti imposti dal contesto. In parole povere, questo dato include una quantità enorme di persone, che magari temporaneamente si trovano in una condizione di disabilità, in seguito a un incidente, una malattia, all’avanzare dell’età o a un evento qualsiasi che prima o poi rischia di limitarci nella vita che siamo abituati a condurre. Parlare di disabilità è quindi molto complesso, le sfumature sono tantissime, e i dati in questo caso non aiutano. Pubblicati in formati non accessibili a tutti, a volte nascosti all’interno di report, oppure sparpagliati su più piattaforme o perfino incompleti. Anche questi dati si possono definire ‘disabilitati’, non potendo esprimere il loro potenziale analitico e informativo, a causa di limiti imposti dal contesto. Ed è proprio da quest’ultima riflessione che nasce l’idea di Disabled Data o Dati Disabilitati.
Si tratta di una piattaforma digitale promossa dalla Fondazione FightTheStroke
e progettata da Sheldon.studio con il supporto di onData per aprire i dati a un pubblico più ampio.
“Abbiamo lavorato a questo progetto da oltre un anno – racconta Francesca Fedeli, Presidente della Fondazione FightTheStroke ETS che si occupa di giovani con una disabilità di Paralisi Cerebrale Infantile – con una squadra fluida ma multifunzionale: i rappresentanti dei diritti, i minatori dei dati, i designer inclusivi, i giornalisti investigativi, gli sviluppatori.
L’obiettivo è sempre stato quello di dare una risposta collettiva ai bisogni espressi dalla comunità delle persone con disabilità e dai loro alleati, superando le sfide dei pregiudizi,
del dialogo mancato, degli interessi personali e delle fonti dati inaccessibili.
Stanchi di leggere titoli di giornali banalizzanti o di sentirci dire che quell’informazione non era disponibile in maniera disaggregata perché riguardante ‘la privacy di persone vulnerabili’. Nonostante le barriere incontrate, ci è sembrato comunque doveroso perseguire l’obiettivo di una piattaforma comune, che andasse oltre il singolo corporativismo tipico di questo settore e che attraverso audizioni periodiche disegnasse uno spazio inclusivo e accessibile a tutti, ascoltando la voce di beneficiari, famiglie, statisti, medici, legali, giornalisti e istituzioni, da Nord a Sud, online e offline”.
La Fondazione FightTheStroke ETS ha finanziato il progetto con proprie risorse e in linea con una missione universale di difesa dei diritti delle persone con disabilità.
“L’obiettivo – aggiunge è quello di rendere maggiormente accessibili e restituire a giornalisti, esperti, cittadini, e attivisti i dati messi a disposizione da Istat ed Eurostat, affinché si possa parlare e scrivere di disabilità in maniera più informata e consapevole”. aggiunge Matteo Moretti, designer e co-fondatore di Sheldon.studio che ha curato il design e lo sviluppo del progetto, con una particolare attenzione all’accessibilità del dato a persone con ogni tipo di disabilità”.
“Il lavoro di Istat è ammirevole – conclude Andrea Borruso, presidente dell’Associazione OnData che si è occupata di raccogliere e razionalizzare i dati presentati sulla piattaforma sia chiaro, e speriamo che Disabled Data serva come stimolo per ripensare insieme la filiera dei dati sulla disabilità, verso un processo di raccolta, pubblicazione, analisi e racconto più consistente e accessibile, in modo che i dati siano un bene comune”.
Disabled Data è al suo primo rilascio, nei prossimi mesi verrà arricchito con ulteriori sezioni, per arrivare alla versione finale entro il 3 Dicembre, Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità, consentendo anche la possibilità di ricercare, condividere e contribuire alla piattaforma.
Da oggi, chiunque voglia scrivere, documentarsi o parlare di disabilità, ha uno strumento in più, verso una narrazione e soprattutto una percezione della disabilità consapevole e libera da stereotipi.
Ecco cosa ne pensano alcuni esperti di settore che hanno contribuito al progetto Disabled Data:
Simona Lancioni, Sociologa
“Raccogliere dati sulla disabilità significa riconoscere che la disabilità non esiste come fenomeno astratto, e che quando parliamo di disabilità in realtà stiamo parlando di persone che oltre ad avere un qualche tipo di menomazione (fisica, sensoriale o intellettiva), hanno anche molte altre caratteristiche che influiscono in vario modo sulla possibilità di integrarsi e di partecipare in tutti gli ambiti della vita. Concentrarsi su una variabile alla volta – la disabilità, il genere (binario e non), l’orientamento sessuale, l’appartenenza etnica, ecc. – com’è stato fatto sinora, impedisce di cogliere la persona nella sua interezza.
Ma nella realtà, giusto per fare un esempio, le discriminazioni di genere subite da una donna con disabilità vanno a sommarsi a quelle che la stessa donna subisce in quanto persona con disabilità. Dunque, che senso ha continuare a trattare questi due dati (ammesso che vengano raccolti) come se si riferissero a due soggetti diversi?
Per dare risposte adeguate alle reali esigenze delle persone (disabili e non), dobbiamo smettere di smembrare le persone e iniziare a smembrare (disaggregare) i dati.
Mi sembra che Disabled Data vada in questa direzione.”
Consuelo Battistelli, Disability Manager
“Partire dai dati è fondamentale per focalizzare dove agire. Questo a maggior ragione se i dati si riferiscono alle persone e nello specifico a persone in condizioni di svantaggio.
I dati spesso ci sono, ma se non vengono raccolti con continuità, organizzati e comunicati coerentemente, come si può portare un reale aiuto? Il pressapochismo non è certo amico dell’inclusione. E se vogliamo davvero che questo sia l’obiettivo, è necessario avere un quadro preciso da cui partire. Benvengano, aggiungerei finalmente, progetti come Disabled Data che ci aiutano anche a mettere in discussione il concetto stesso di inclusione.
E a partire da qui si può aprire il dibattito”.
Simone Riflesso, Attivista queer e disabile
“L’eterogenea comunità delle persone disabili è fra le meno e peggio rappresentate sui media mainstream, accompagnate da stereotipi umilianti, linguaggio inopportuno e deumanizzante, oltre alle solite retoriche paternalistiche. Non fa certo eccezione la rappresentazione attraverso i dati, tale che se si volesse descrivere la complessità della situazione sulle diverse forme di disabilità in Italia, ci si troverebbe in grande difficoltà sia nel reperire i dati lacunosi esistenti che a darsi una risposta e sviluppare opinioni.
In quale modo allora, viene spontaneo chiedersi, è possibile fare interventi politici efficienti e puntuali, a partire da queste premesse? Ma andando ancora a monte, sorgono spontanee tante domande: da quale punto di vista vengono raccolti i dati sulle disabilità?
Con quale scopo? Le persone disabili sono direttamente coinvolte e opportunamente ascoltate oppure sono meramente oggetto di ricerca? Le indagini avvengono con modalità accessibili oppure no? Quali ambiti della vita delle persone disabili (e dei loro familiari) vengono indagati e quali invece lasciati nell’ombra? È per questo che quando sono venuto a sapere del progetto Disabled Data mi si è accesa la spia dell’entusiasmo. Iniziative come queste sono importantissime, e non vedo l’ora di scoprire a cosa potrà portare in termini di chiarezza e innovazione”.
Donata Columbro, Giornalista
“In generale credo che per pianificare qualsiasi servizio, qualsiasi sostegno, qualsiasi politica pubblica si debba passare dalla consapevolezza di chi sono le cittadine e i cittadini a cui mi rivolgo, quali sono le loro abitudini, le loro esigenze. Tramite una raccolta dati che sia fatta però con il coinvolgimento delle comunità e che questi dati vengano in qualche modo anche restituiti, resi disponibili in formato aperto e accessibile in tutte le sue accezioni. Come è stato fatto con Disabled Data.”
Info: Matteo Moretti – Francesca Fedeli – Andrea Borruso
Il Sole 24 Ore / Disabilità, una piattaforma digitale per liberare i dati
Disabilità, una piattaforma digitale per liberare i dati
DisabledData nasce da Fondazione FightTheStroke per rendere accessibili i dati sul mondo della disabilità. Un primo passo per comprenderlo
di A.Mac.
24 ottobre 2022
(Teerayut - stock.adobe.com)
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Spesso invisibili per l’opinione pubblica, per la burocrazia e per i media, i disabili rischiano di esserlo davvero se non c’è nemmeno un quadro certo della realtà. E per comprendere bisogna partire da informazioni e dati certi. E allora, quante sono le persone con disabilità in Italia? Di preciso non ci è dato saperlo, e non è un'operazione facile. Ed è proprio da questa riflessione che nasce l'idea di DisabledData o Dati Disabilitati. Si tratta di una piattaforma digitale promossa dalla Fondazione FightTheStroke progettata da Sheldon.studio con il supporto di onData per aprire i dati a un pubblico più ampio.
La “nuova” definizione di disabilità, risalente al 2006, include tutti coloro che non dispongono di pari opportunità e sono impossibilitati nella vita quotidiana a causa di limiti imposti dal contesto. Questo concetto include una quantità enorme di persone, che magari temporaneamente si trovano in una condizione di disabilità, in seguito a un incidente, una malattia, all'avanzare dell'età o a un evento qualsiasi che prima o poi rischia di limitarci nella vita che siamo abituati a condurre.
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Parlare di disabilità è quindi molto complesso, le sfumature sono tantissime, e i dati in questo caso non aiutano. Pubblicati in formati non accessibili a tutti, a volte nascosti all'interno di report, oppure sparpagliati su più piattaforme o perfino incompleti. Anche questi dati si possono definire ‘disabilitati', non potendo esprimere il loro potenziale analitico e informativo, a causa di limiti imposti dal contesto.
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Ed è proprio da quest'ultima riflessione che nasce l'idea di DisabledData o Dati Disabilitati.Si tratta di una piattaforma digitale promossa dalla Fondazione FightTheStroke e progettata da Sheldon.studio con il supporto di onData per aprire i dati a un pubblico più ampio. «Abbiamo lavorato a questo progetto con una squadra fluida ma multifunzionale: i rappresentanti dei diritti, i minatori dei dati, i designer inclusivi, i giornalisti investigativi, gli sviluppatori - afferma Francesca Fedeli, Presidente della Fondazione FightTheStroke Ets che si occupa di giovani con una disabilità di paralisi cerebrale infantile - L'obiettivo è sempre stato quello di dare una risposta collettiva ai bisogni espressi dalla comunità delle persone con disabilità e dai loro alleati, superando le sfide dei pregiudizi, del dialogo mancato, degli interessi personali e delle fonti dati inaccessibili. Stanchi di leggere titoli di giornali banalizzanti o di sentirci dire che quell'informazione non era disponibile in maniera disaggregata perché riguardante “la privacy di persone vulnerabili”. Nonostante le barriere incontrate, ci è sembrato comunque doveroso perseguire l'obiettivo di una piattaforma comune, che andasse oltre il singolo corporativismo tipico di questo settore e che attraverso audizioni periodiche disegnasse uno spazio inclusivo e accessibile a tutti, ascoltando la voce di beneficiari, famiglie, statisti, medici,legali, giornalisti e istituzioni».
Disabled Data è al suo primo rilascio, nei prossimi mesi verrà arricchito con ulteriori sezioni, per arrivare alla versione finale entro il 3 Dicembre 2022, Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità, consentendo anche la possibilità di ricercare, condividere e contribuire alla piattaforma
Se i dati non esistono, le persone non esistono.
Il sito #DisabledData, curato da Fondazione FightTheStroke, fa emergere il problema dei dati sulle persone con disabilità in Italia e rilascia una prima mappatura per agevolarne la lettura, l’analisi critica e la messa a disposizione per l’adozione di politiche efficaci.
Disabled Data: se i dati non esistono, le persone non esistono
Lanciato in questi giorni, il sito #DisabledData fa emergere il problema della mancanza di dati sulle persone con disabilita in Italia. In esso è disponibile una prima mappatura realizzata con modalità tali da agevolare la lettura dei dati stessi, nonché l’analisi critica e la messa a disposizione per l’adozione di politiche efficaci.
Working at Microsoft: empowering our people
Our mission is deeply inclusive: empower every person and every organization on the planet to achieve more. We expect each of us—no matter what our level, role or function is—to play an active role in creating environments where people of diverse backgrounds are excited to bring all of who they are and do their best work.
La Repubblica - WWF Oasi nei centri pediatrici
Il Wwf Italia scende in campo per ripensare le aree urbane ridando spazio alla biodiversità e lo fa con la sesta edizione di Urban Nature, festa della natura in città l’8 e il 9 ottobre che prevede tante iniziative in tutto il Paese, e attraverso il nuovo importante progetto “La Natura si fa cura” per realizzare Oasi negli ospedali pediatrici.
Si tratta di aree verdi con alberi, bordure fiorite per le farfalle, siepi e stagni didattici, strutture in terra o in cassoni rialzati: spazi naturali fruibili senza barriere, piante aromatiche e piacevoli da toccare, con casette nido e mangiatoie per attirare l’avifauna, che permetteranno di inserire il contatto con la natura nei percorsi riabilitativi dei giovani pazienti, soprattutto quelli a lunga degenza.
Ognuno di noi può aiutare il Wwf a trasformare questo progetto in realtà acquistando una delle piccole felci, piante capaci di trattenere diversi inquinanti presenti nell’aria, che si troveranno nelle piazze italiane sabato 8 e domenica 9 ottobre. Nelle stesse giornate tante iniziative per scoprire e vivere la natura in città come visite guidate a giardini e ville, attività di citizen science, lavoratori per i più piccoli, mostre ed escursioni.
La natura ci fornisce innumerevoli benefici come cibo, energia e materie prime, elementi che ci consentono di vivere e che sono il motore delle nostre economie. Le piante filtrano le polveri fini prodotte dalle nostre attività inquinanti, depurano l’aria, creano ombra e contribuiscono alla regolazione della temperatura, all’assorbimento dei gas serra, alla riduzione del rumore, alla regimazione delle acque meteoriche spesso causa di allagamenti e frane.
Tra gli effetti benefici offerti dalla natura in città c’è anche il benessere psico-fisico umano e, in particolare, dei più giovani. L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) stima che i fattori di stress ambientali siano responsabili del 15-20% delle morti in Europa. Abitare vicino a uno spazio verde riduce la percezione dello stress e invoglia a una maggiore attività fisica, contribuendo così a diminuire le possibilità di malattie cardiovascolari, patologie articolari, ansia, depressione, infezioni respiratorie e obesità.
L’effetto benefico che l’ambiente può avere sull’uomo è tale che uno studio (Ulrich, 1984) dimostrò come in un ospedale della Pennsylvania, i pazienti operati di colicistectomia tra maggio e ottobre avevano tempi di guarigione più corti e necessitavano analgesici più leggeri se la loro finestra si affacciava su degli alberi rispetto, invece, a quelli la cui finestra dava su un muro di mattoni.
Per i bambini ricoverati in ospedale e per la loro riabilitazione la natura è uno spazio sicuro che offre infiniti stimoli a livello motorio sensoriale e percettivo.
La prima Aula Natura in Ospedale del Wwf esiste già e si trova alla sede di Palidoro dell’Ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma. Questo progetto è rivolto a tutti i pazienti, in particolare a quelli in neuroriabilitazione che essendo lungodegenti possono usufruire dell’attività anche in chiave riabilitativa, oltre che ludica e didattica. Al fianco del Wwf in questa esperienza ci sono l’Associazione Culturale Pediatri (ACP), la Fondazione Dynamo, Centro Antartide, gli architetti paesaggisti di IASLA e la Fondazione Fight the Stroke.
Il 9 ottobre all'Orto Botanico
L’evento centrale dell’edizione 2022 di Urban Nature sarà domenica 9 ottobre al Museo Orto Botanico di Roma in Largo Cristina di Svezia numero 23A, dalle 9.00 alle 18.00. In questa occasione, oltra a visitare il bellissimo Orto Botanico della Capitale e acquistare una felce per partecipare al progetto “La Natura si fa Cura”, sarà possibile vedere il prototipo di una delle Oasi che il Wwf, grazie alla campagna, potrà realizzare negli ospedali dei bambini.
“Siamo nati da un’esperienza familiare, come spesso succede: nostro figlio Mario, nato nel 2011, a 10 giorni dalla nascita ha avuto una diagnosi di ictus perinatale - racconta Francesca Fedeli, Presidente della Fondazione Fight the Stroke-. In questi ultimi anni ci siamo avvicinati al Wwf perché ci interessava la possibilità di offrire ai nostri ragazzi con una disabilità di Paralisi Cerebrale Infantile la fruizione di spazi nuovi vicini alla natura. Alcuni studi oggi ci indicano che fra le cause di ictus e di altre malattie acute e croniche ci sono anche cause di natura ambientale, come l’inquinamento atmosferico. Lavoriamo con i principali centri di eccellenza in Italia per pediatria, neuropsichiatria infantile e fisiatria e i nostri ragazzi frequentano anche per lunghi periodi ambienti di riabilitazione molto medicalizzati. Volevamo rispondere così alla ‘fame di natura’ che hanno i nostri piccoli pazienti”.
Il primo effetto positivo del contatto con la natura nella riabilitazione dei bambini ricoverati è sull’umore, sulla salute mentale. Ma le opportunità sono molteplici: "Ad esempio far seguire ai piccoli il ciclo di vita di una farfalla, la sua metamorfosi, ci permettere di spiegare loro come ci si può curare, come si può raggiungere il proprio potenziale anche in condizioni di disabilità temporanea o permanente. Nel nostro campo, quello della riabilitazione, è importante anche dal punto di vista sensoriale poter svolgere esercizi con entrambe le mani, immerse nella terra e nell’acqua, a contatto con la natura e gli animali. Queste sono le cose che più ci hanno avvicinato a questo progetto. Poi c’è un tema più grande che è quello legato alla nuova prospettiva dei luoghi di cura, sempre più vicini alla casa del paziente ma anche più umanizzati: è stato dimostrato infatti che la natura all’interno delle infrastrutture ospedaliere è in grado di intervenire sulla riduzione dello stress e del dolore, di migliorare la qualità del sonno e diminuire il rischio di reinfezioni, riducendo così i tempi e i costi dell’ospedalizzazione", conclude Francesca Fedeli.
DiverCityMag - Intelligenza Artificiale e inclusione
Dott.ssa Galli, partiamo dalle basi: cos’è l’intelligenza artificiale?
Definirei l’intelligenza artificiale come una delle tecnologie abilitanti, driver della digital trasformation, che apprende dai dati e viene utilizzata per modellare fenomeni complessi: parliamo di Machine Learning, Deep Learning e Reti Neurali. Gli algoritmi elaborano enormi quantità di dati ed è fondamentale la loro Governance. Possiamo parlare oggi di vere e proprie “tecnologie dell’informazione”: in Italia sono tra gli 11 punti considerati prioritari dal Programma Strategico per l’Intelligenza Artificiale 2022-2024 del Governo. Un esempio di IA virtuosa è l’app MirrorHR che aiuta a gestire gli attacchi di epilessia in modo tempestivo. È stata creata da Roberto D’Angelo (con cui ho lavorato in Microsoft), Microsoft Director e Co-Founder con Francesca Fedeli della fondazione FightTheStroke, che supporta i giovani sopravvissuti all’ictus e alla paralisi cerebrale infantile. MirrorHR usa l’intelligenza artificiale di Microsoft Azure per prevenire gli attacchi epilettici ed evitare il pronto soccorso. L’IA è una tecnologia che può aiutarci a rendere il nostro pianeta più intelligente, più salubre e florido, a patto che sia costruita intorno ai valori e ai bisogni di noi esseri umani.
Guida corsi 2022-2023 per bambini e ragazzi a Milano
Guida ai corsi pomeridiani per bambini e ragazzi 2022-2023
Arte, sport, musica, lingue e corsi multigenerazionali a Milano e hinterland. Le proposte per l'anno. Scarica la guida e usa gli sconti della Radiomamma Card
GUIDA AI CORSI POMERIDIANI PER BAMBINI A MILANO: PROPOSTE DIVISE PER ZONE E TEMI, SCONTI, POLICY COVID
Nella GUIDA AI CORSI DI RADIOMAMMA 2022/2023, che puoi leggere online o scaricare gratis, registrandoti trovi:
Introduzione con: le tendenze dell’anno, la situazione della proposta per bimbi e ragazzi con disabilità, la “policy Covid”, le regole per il certificato medico per lo sport
Le proposte per bambini e ragazzi da 0 a 14 anni, tra cui scegliere. Trovi indicata la zona in cui sono, il tipo di corso (arti, lingua, sport, musica, multigenerazionali...), l’età a cui è rivolta la proposta e il bollino rosa che indica se il corso è attrezzato per accogliere bambini con diverse abilità
Il simbolo della Radiomamma card ti indica quali realtà applicano lo sconto Radiomamma card
I protagonIsti della community economy
Un fight camp da pirati - Marina Militare
L'ultima tappa di Nave Italia prima della pausa estiva ha visto imbarcare il gruppo della Fondazione Fight The Stroke ETS alla sua prima partecipazione.
Tale tappa segna un momento simbolico per la Campagna di Solidarietà 2022 e per Nave Italia nel suo viaggio di rientro all'Arsenale Militare di La Spezia. Dopo 20 settimane, 2887 miglia percorse e 13 porti diversi la prima parte del viaggio volge al termine per riprendere il mare Martedì 30 Agosto.
FightTheStroke è una Fondazione che risponde alla necessità di conoscenza e di supporto alle famiglie impattate dalla gestione di un sopravvissuto da Ictus e con una disabilità di Paralisi Cerebrale Infantile. Francesca Fedeli e Roberto D'Angelo sono i co-fondatori di tale Fondazione ed hanno partecipato attivamente all'esperienza di Nave Italia imbarcando con il loro figlio Mario ed insieme ad un gruppo di altre 10 persone tra bambini ed accompagnatori. Tra questi, il ricercatore Eugene Rameckers della Maastricht University, Department of Rehabilitation, per garantire un trattamento individualizzato e in linea con le più avanzate evidenze nella riabilitazione motoria dei bambini con Paralisi Cerebrale.
FightTheStroke esiste per garantire un futuro migliore ai giovani sopravvissuti all'ictus con una disabilità di Paralisi Cerebrale Infantile, e alle loro famiglie. La mission, in veste di vero e proprio obbiettivo personale, è educare alla consapevolezza che i bambini, anche quelli non ancora nati, possono essere colpiti da danni al cervello. L'ente ha già ha un proprio format terapeutico già collaudato: il fightcamp, così chiamato, ha come base tutta una serie di attività sportive ludico-fisiche da somministrate in modo intensivo; esperti, professionisti dello sport e trainer specifici tengo i bambini in costante allenamento per stimolare l'apparato muscolare e creare l'abitudine e l'attaccamento all'esercizio fisico.
Il format terapeutico della Fondazione, sotto molti aspetti simile alla Terapia dell'Avventura promossa su Nave Italia, si è integrata perfettamente con le attività di bordo e con i ritmi di lavoro dell'equipaggio della Marina Militare, che è stato quasi interamente coinvolto nell'attività finale del gruppo; la “Battaglia" tra le due squadre miste di bambini e marinai ha visto confrontarsi in diversi attività fisiche quali il tiro alla fune, push-up ed i calci ai colpitori (a cura di un Trainer qualificato).
Nave Italia chiude la prima parte della Campagna per salpare nuovamente ai primi di settembre con un nuovo gruppo di marinai speciali.
Vita - Luglio/Agosto 2022
Le domande giuste per superare gli stereotipi
Nei giorni scorsi un questionario proposto, e poi ritirato, dai comuni di Nettuno e di Roma per valutare la situazione di stress delle persone che assistono familiari con disabilità è stato discusso e criticato da attivisti e associazioni del settore. Le critiche sono sorte per alcune domande come "quanto risentimento provi nei confronti di tuo figlio disabile?" o "quanto ti vergogni del tuo familiare?", che sembrano ricondurre lo stress a una situazione personale interna invece che al contesto difficile, anche legato allo scarso sostegno istituzionale, in cui si ritrovano le famiglie. È vero che se non si misura un fenomeno non è possibile conoscerlo e promuovere soluzioni per far fronte a eventuali problemi, ma anche il modo in cui si raccolgono i dati è importante e può definire il tipo di risposta che la politica dà alle esigenze delle famiglie e della comunità. Come ha ben spiegato Simona Lancioni su Informare un'h, il magazine online del centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli, le domande si basavano su scale di misura del carico assistenziale create nell'ambito dell'assistenza agli anziani negli anni ottanta e su un modello medico di disabilità, che la considera un problema fisico, mentale o sensoriale del singolo individuo, superato oggi da un modello bio-psico-sociale. Quest'ultimo non considera più "la disabilità come una faccenda indivi duale e privata, ma responsabilità delle società. Al di là del caso discusso in questi giorni, è necessario colmare su tuttii livelli la lacuna di dati sulla disabilità in Italia, come denunciato da Francesca Fedeli, della fondazione FightTheStroke, nell'ambito della campagna Disabled Data. Fedeli ha avviato, insieme ad altre associazioni, una mappatura dei dati sulla disabilità in Italia, che risultano incompleti, non aggiornati e di difficile accesso. Per conoscere con esattezza il numero di disabili nel nostro paese, o scoprire come è stato calcolato il numero di 3,15 milioni di persone che si trova nelle fonti online, oggi bisogna fare "un viaggio da 85 click" tra tabelle che non si aprono e siti che risultano non più accessibili. Senza dati, "è difficile dar voce alle battaglie di rivendicazione dei diritti di una comunità ancora oggi marginalizzata o mal raccontata", si legge sul sito della campagna. In più, il tipo di dati che raccogliamo su un fenomeno o una situazione influenza il modo in cui lo raccontiamo: per superare gli stereotipi è necessario fare e farsile domande giuste.
Donata Columbro è una giornalista che si occupa di tecnologia e attivismo.