As we approach Global Accessibility Awareness Day and following our Ability Summit this week, I wanted to share an incredibly, moving story with my colleague Melike Ceylan-Leamen. I encourage everyone to watch her journey with her son, Aydin and how MirrorHR—a tool built on Microsoft Azure and AI has helped. Through the collection and processing of data, MirrorHR shares an alert when an anomaly is detected, which in turn helps her and healthcare providers reduce the amount and severity of Aydin’s seizures. Thank you for sharing your story with us Melike.
With our recent announcement of a new technology-led five-year commitment to create and open doors to bigger opportunities for people with disabilities—we will continue to push the limits of AI and accessibility to enable transformative change and empower others across the world. #MicrosoftAI#Azure
Digital360: Innovazione sociale: tre appuntamenti con la tecnologia utile e accessibile
Confidenze, Aprile 2021
Doubling down on accessibility: Microsoft’s next steps to expand accessibility in technology, the workforce and workplace
Microsoft Research has one of the few dedicated accessibility research teams in the industry geared toward user-focused research advancing human-computer interaction. This made innovations like Eye Control in Windows 10 possible, enabling eye control communication for people with ALS. Since 2014, more than 6,500 Microsoft employees have participated in the Ability Hack, creating 1,000 projects like MirrorHR, which identifies potential triggers of seizures in children with epilepsy and advances clinical trial research.
Storie degli altri, Carmelo Abbate: loro sono Francesca e Roberto
Loro sono Francesca e Roberto. Vivono a Milano. Sono sposati, lavorano in una multinazionale, tra riunioni e viaggi sono sempre fuori casa. È il 2011. Hanno 40 anni, è il momento di rallentare e allargare la famiglia. Ci provano finché il test è positivo. Scoppiano di gioia, ma la gravidanza è a rischio, i medici consigliano riposo assoluto. Francesca si infila a letto e ci resta per otto lunghi mesi. Il giorno del parto si addormenta pensando al suo bambino. Apre gli occhi, tende le braccia nel vuoto. Dov’è Mario, dov’è mio figlio? Lo hanno portato in terapia intensiva, per dei controlli. Francesca e Roberto si tengono per mano mentre il medico mostra i risultati degli esami. Mario ha avuto un ictus, prima o durante il parto, ora sta bene, ma la parte destra del cervello è danneggiata, per sempre. Francesca è incredula. La sua testa rifiuta di abbinare quella parola mostruosa al suo bambino. Roberto balbetta. Scusi, cosa vuol dire? Vuol dire che Mario ha scarse probabilità di camminare e di parlare. I genitori restano incollati alla sedia, aspettano che il dottore continui, non può essere tutto lì. Ma la realtà è quella, devono farsene una ragione. Tornano a casa, provano un senso di fallimento, di sconfitta.
Ohga! - La storia di Mario e dei suoi genitori che combattono la paralisi cerebrale infantile
La Fondazione “Fight The Stroke” combatte una serie di disturbi che colpiscono il cervello sin dalla nascita e talvolta anche prima. Francesca ci racconta come, insieme a suo marito Roberto, sono riusciti ad andare avanti dopo la diagnosi di paralisi cerebrale per loro figlio, Mario. Una storia di speranza e fiducia nel futuro.
26/4/2021, Nomina di Francesca Fedeli nel comitato scientifico di AITO
26 APR - Gentile Direttore,
sabato 24 aprile si è tenuta la prima Assemblea dell'Associazione italiana terapisti occupazionali (Aito) dal rinnovo delle cariche elettive. In questa sede, virtuale, oltre l’approvazione del bilancio, è stato deliberata la costituzione del Comitato scientifico dell’Associazione, in attesa della risposta positiva del Ministero della Salute alla Candidatura ad ATS.
Il comitato sarà formato da cinque componenti, tre esponenti della professione, le Dott.sse Perla Massai, Francesca Arduini e Martina Ruffini, un esponente con competenze specialistiche trasversali, il dott. Michelangelo Bartolo, medico neurologo, segretario SIRN e responsabile dell’UO di Neuroriabilitazione dell’Istituto “Habilita” di Zingonia e un esponente proveniente dal mondo della società civile, la dott.ssa Francesca Fedeli, presidente e co-fondatrice di “Fight the Stroke”, associazione a sostegno dei giovani sopravvissuti all’ictus e delle persone con PCI. Quest’ultimi componenti sono stati selezionati dal Consiglio Direttivo per le loro competenze, per l’alto valore rappresentativo delle loro realtà di appartenenza e soprattutto per l’apporto che con il tempo hanno dato alla Terapia Occupazionale. Questo segna un ulteriore passo per l’iter di trasformazione di AITO, del coronamento di una lunga storia iniziata nel 1977.
Il Sole 24 Ore: Disabilità, nasce la Palestra dei fighters. Anche lo sport online deve essere per tutti
“Muoversi è autonomia e vita, lo è tanto di più per chi alla nascita ha ascoltato una sentenza senza scampo ‘signora mia, questo bambino sarà un vegetale, non camminerà mai’. Praticare uno sport adattato quando si ha un impedimento motorio vuol dire anche riabilitarsi, vuol dire ridurre le barriere che rappresentano il disequilibrio tra la persona con disabilità e l’ambiente”. Eccolo, raccontato da una delle promotrici Francesca Fedeli, il punto di partenza per il progetto della Palestra dei fighters, un canale di allenamento online disegnato da FTS in collaborazione con i fondatori di Fightthestroke, e da una rete di famiglie e professionisti che conoscono e vivono tutti i giorni le esigenze delle persone con disabilità.
Si tratta di una palestra virtuale per tutte le persone con disabilità permanente o temporanea, di ogni età che coglie i trend emergenti della ‘Digital-enabled fitness’ e delle comunità online che si ritrovano per allenarsi da casa e che mette in pratica le evidenze scientifiche sull’esercizio motorio per le persone con disabilità: un trattamento individualizzato ed adattato può rappresentare un’alternativa valida e complementare alle attività sul territorio, di cui spesso non si riesce a usufruire.
Insomma, se il Covid ci lascia una buona eredità è sicuramente quella di servizi online altamente qualificati, che nella nuova normalità si alterneranno a quelli in presenza. Il progetto mette al centro l’importanza dell’attività sportiva: secondo l’Istat solo l’8,5% delle persone con disabilità in Italia pratica un’attività sportiva in maniera continuativa e l’emergenza Covid non ha alterato le abitudini di vita quotidiana o le ha peggiorate, a causa dell’interruzione forzata di molti servizi, che sono stati considerati differibili.
La Palestra digitale dei fighters: lo sport accessibile per la disabilità - iO Donna
Una “palestra digitale” studiata su misura per chi ne ha più bisogno. Si chiama Palestra dei fighters ed è un canale di potenziamento online ideato da FightTheStroke, società fondata da Francesca Fedeli e Roberto D’Angeloper supportare la causa dei giovani sopravvissuti all’ictus e con una disabilità di paralisi cerebrale infantile, come il loro piccolo Mario e da una rete di famiglie e professionisti che conoscono e vivono tutti i giorni le esigenze delle persone con disabilità. Una palestra digitale che coglie i trend emergenti della Digital-enabled fitness e delle comunità online che si ritrovano per allenarsi da casa e che mette in pratica le evidenze scientifiche sull’esercizio motorio per le persone con disabilità.
Terapia occupazionale e ictus, Marzo 2021
Con l’obiettivo di tutelare bisogni e diritti dei giovani sopravvissuti all’ictus e con una disabilità di Paralisi Cerebrale Infantile, incoraggiamo la presenza continuativa della figura del Terapista Occupazionale all’interno dell’equipe multidisciplinare che segue i nostri beneficiari: pensiamo infatti che tutti abbiano il diritto di partecipare alle attività di vita quotidiana, per poter esprimere al meglio la propria individualità. Il ruolo di questa figura professionale, così importante anche all’estero in contesti equivalenti al nostro, può supportare fattivamente il bambino e il giovane adulto a raggiungere la massima autonomia.” Francesca Fedeli, FightTheStroke
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OMAR: “Fight the stroke”, la fondazione che si batte per i bambini con ictus perinatale
Dall’esperienza di due genitori italiani nasce una realtà che aiuta le famiglie promuovendo ricerca e tecnologie d’avanguardia, ma non solo: l’ultima iniziativa è una battaglia per l’inclusione scolastica
Dal particolare al generale, dalla battaglia per uno all’impegno per tutti. Si potrebbe raccontare in questo modo la vicenda di Francesca Fedeli, mamma di Mario, un bambino di dieci anni colpito da ictus perinatale che oggi, grazie anche all’impegno dei suoi genitori, vive una vita in tutto e per tutto simile a quella dei suoi coetanei. Ma procediamo con ordine. Francesca è nata ad Ascoli Piceno, si è trasferita a Bologna per studiare economia agraria e oggi vive con la sua famiglia a Milano. E proprio nel capoluogo lombardo, nel 2014, insieme al marito Roberto, ha dato vita all’associazione di promozione sociale “Fight the Stroke”. Scopo di questa realtà, che cinque anni dopo la sua nascita si è trasformata in fondazione, è quello di sensibilizzare la popolazione generale sull’ictus perinatale, un evento che il sentimento comune fatica ad associare a un neonato.
Più nello specifico, la Fondazione Fight the Stroke, che oggi raggiunge circa un migliaio di nuclei familiari, risponde alle esigenze di informazione da parte delle famiglie con bambini affetti da paralisi cerebrale infantile conseguente a ictus, e intende favorire la ricerca su terapie, dette “disruptive” (alla lettera “dirompenti”), per le persone con disturbi del neurosviluppo.
“Mario è nato quando avevo 40 anni dopo una serie di aborti involontari e una gravidanza difficile”, racconta Francesca. “Ho trascorso la maggior parte del periodo di gestazione a letto, per una placenta previa, al termine del quale Mario è nato con un mese di anticipo e con parto cesareo. Dopo essere rimasto qualche giorno in terapia intensiva neonatale per un lieve distress respiratorio, da un’ecografia cerebrale di controllo è emerso che era stato colpito da ictus perinatale. Poi, una risonanza magnetica ha confermato la presenza di un’ischemia, responsabile di aver lesionato buona parte dell’emisfero cerebrale destro, causando una paralisi cerebrale infantile e un’emiplegia della parte sinistra del corpo”. Da quel momento è cominciato un intenso percorso di riabilitazione di tipo motorio e non solo, fino all’incontro con l’IRCCS Fondazione Stella Maris di Pisa, dove il piccolo ha partecipato a uno dei primi progetti pilota sulla riabilitazione attraverso i neuroni specchio.
“Oggi Mario, a 10 anni dalla nascita, dopo aver effettuato vari cicli di riabilitazione intensiva e varie terapie scientificamente validate, sia in Italia che all’estero, ha ottenuto un ottimo recupero dal punto di vista motorio: cammina, salta e corre, anche se usa meno la parte sinistra del corpo, mentre sotto il profilo cognitivo è abbastanza in linea con i coetanei: la presenza di qualche disturbo dell’apprendimento è ‘tamponata’, a livello scolastico, dall’aiuto di un insegnante di sostegno. L’aspetto più invalidante, al momento, è l’epilessia che, nel suo caso, si è manifestata per la prima volta all’età di tre anni. È la cosa che ci preoccupa di più, perché ha un forte impatto su di lui e sui di noi come famiglia, e condiziona l’apprendimento e gli aspetti cognitivi”.
“Le casistiche riguardanti l’ictus perinatale oscillano tra un caso ogni 1.500 e un caso ogni 2.500-3.000 nati. Si tratta, dunque, di un evento raro, ma non rarissimo. E almeno il 50% degli ictus (“stroke” in inglese) che avvengono in età pediatrica, cioè da zero a 16 anni, sono da considerarsi perinatali”, spiega Luca Ramenghi, professore straordinario di Pediatria all’Università di Genova e direttore dell’UOC Patologia neonatale dell’ospedale pediatrico Giannina Gaslini del capoluogo ligure, oggi centro di riferimento a livello nazionale per l’ictus perinatale. “Ci sono due tipi di stroke, uno di ordine arterioso e l’altro, più raro, di ordine venoso”, prosegue il professore. “Solitamente, la chiusura di un’arteria è più repentina e veloce, mentre l’ostruzione di un flusso venoso è un processo più lungo e meno frequente. Nella quasi totalità dei casi, lo stroke perinatale si estrinseca nelle prime 48-72 ore dopo la nascita, per lo più in un neonato in buone condizioni di salute. L’arresto dell’irrorazione determina la morte di un determinato territorio cerebrale che, in alcune circostanze, comporta il manifestarsi di mioclonie [brevi spasmi muscolari involontari, N.d.R.] non sempre facili da rilevare nell’immediato. Magari ci si accorge che qualcosa non va nei mesi successivi, quando diventa evidente che il bambino non utilizza un arto come invece dovrebbe. Questo perché lo stroke determina, innanzitutto, un danno motorio: un’emiplegia che, nel 25% circa dei casi, è accompagnata da una componente epilettica”.
Nel 2017, grazie alla collaborazione con la Fondazione Fight the Stroke, all’interno dell’Ospedale Gaslini è nato, primo in Italia, il Centro Stroke Neonatale e Pediatrico: una struttura, realizzata sulla scia di altre esperienze internazionali, dedicata alla diagnosi e allo studio dell’ictus pediatrico e neonatale, nonché, ovviamente, all’assistenza dei neonati e bambini colpiti da questa patologia. “Il Centro è nato dalla sensibilità di professionisti pediatri, che vedevano come alcuni bambini con particolari malattie e sindromi sviluppassero poi lo stroke”, precisa Ramenghi. “L’attenzione verso la precocità della diagnosi assicura una particolare cura sia nella ricerca e nella comprensione delle cause, incluse quelle genetiche, sia nell’avvio di una riabilitazione precoce”.
Ma l’apertura del Centro Stroke del Gaslini non è che una delle tante iniziative a carattere scientifico portate avanti, nei suoi soli sette anni di vita, dalla Fondazione voluta da Francesca e suo marito: tra queste c’è anche il primo, e forse il più ambizioso, progetto: la realizzazione tra il 2016 e il 2017 di “Mirrorable”, una piattaforma online interattiva di teleriabilitazione motoria basata sulla teoria dei neuroni specchio e sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale. Il progetto, destinato a bambini di età compresa tra i 5 e i 10 anni, con diagnosi di paralisi cerebrale unilaterale ed evidenza di pregresso danno cerebro-vascolare a carico di un emisfero, è stato portato avanti insieme all’Unità di Ricerca dell’Istituto di Neuroscienze del CNR presso l’Università di Parma, sotto la guida del professor Giacomo Rizzolatti, al cui nome è legata la scoperta della teoria dei neuroni specchio. Fino a questo momento, il progetto pilota ha coinvolto, in maniera completamente gratuita, una ventina di bambini.
“Le nostre iniziative sono tutte incentrate su scienza, tecnologia e design”, commenta Francesca. Tra gli altri progetti, infatti, vi è il lancio, insieme a Microsoft, di MirrorHR, una app pensata per aiutare le famiglie a gestire l’epilessia dei propri bambini attraverso un sistema di allerta precoce, in grado di rilevare i picchi di frequenza cardiaca che possono accompagnare le crisi. Da non dimenticare, poi, anche la Palestra dei fighters, un canale online nato con l’obiettivo di allenare le competenze e le abilità motorie dei ragazzi con paralisi cerebrale infantile. E le ultime azioni? “Al momento - chiarisce Francesca - siamo molto impegnati sul fronte del ricorso al decreto interministeriale 182 dello scorso dicembre, che ha dato il via al nuovo modello di Piano Educativo Individualizzato”. In particolare, la Fondazione Fight the Stroke ha lanciato la campagna #NoEsonero, con l’obiettivo, appunto, di denunciare l’esonero dei bambini disabili da alcune discipline di studio, la possibilità di allontanarli dal gruppo classe, la riduzione dell’orario di frequenza e il ruolo marginale assegnato alle famiglie. “Il decreto rischia di minare il diritto all’inclusione scolastica”, sintetizza Francesca. “È un problema di tutte le famiglie di bambini con disabilità. Come fondazione, cerchiamo sempre di spostare l’obiettivo dalle questioni strettamente personali, cioè i nostri problemi con Mario, a una battaglia che porti benefici a tutti”.
Osservatorio Malattie Rare: “Fight the stroke”, la fondazione che si batte per i bambini con ictus perinatale
Dall’esperienza di due genitori italiani nasce una realtà che aiuta le famiglie promuovendo ricerca e tecnologie d’avanguardia, ma non solo: l’ultima iniziativa è una battaglia per l’inclusione scolastica
Dal particolare al generale, dalla battaglia per uno all’impegno per tutti. Si potrebbe raccontare in questo modo la vicenda di Francesca Fedeli, mamma di Mario, un bambino di dieci anni colpito da ictus perinatale che oggi, grazie anche all’impegno dei suoi genitori, vive una vita in tutto e per tutto simile a quella dei suoi coetanei. Ma procediamo con ordine. Francesca è nata ad Ascoli Piceno, si è trasferita a Bologna per studiare economia agraria e oggi vive con la sua famiglia a Milano. E proprio nel capoluogo lombardo, nel 2014, insieme al marito Roberto, ha dato vita all’associazione di promozione sociale “Fight the Stroke”. Scopo di questa realtà, che cinque anni dopo la sua nascita si è trasformata in fondazione, è quello di sensibilizzare la popolazione generale sull’ictus perinatale, un evento che il sentimento comune fatica ad associare a un neonato.
Più nello specifico, la Fondazione Fight the Stroke, che oggi raggiunge circa un migliaio di nuclei familiari, risponde alle esigenze di informazione da parte delle famiglie con bambini affetti da paralisi cerebrale infantile conseguente a ictus, e intende favorire la ricerca su terapie, dette “disruptive” (alla lettera “dirompenti”), per le persone con disturbi del neurosviluppo.
“Mario è nato quando avevo 40 anni dopo una serie di aborti involontari e una gravidanza difficile”, racconta Francesca. “Ho trascorso la maggior parte del periodo di gestazione a letto, per una placenta previa, al termine del quale Mario è nato con un mese di anticipo e con parto cesareo. Dopo essere rimasto qualche giorno in terapia intensiva neonatale per un lieve distress respiratorio, da un’ecografia cerebrale di controllo è emerso che era stato colpito da ictus perinatale. Poi, una risonanza magnetica ha confermato la presenza di un’ischemia, responsabile di aver lesionato buona parte dell’emisfero cerebrale destro, causando una paralisi cerebrale infantile e un’emiplegia della parte sinistra del corpo”. Da quel momento è cominciato un intenso percorso di riabilitazione di tipo motorio e non solo, fino all’incontro con l’IRCCS Fondazione Stella Maris di Pisa, dove il piccolo ha partecipato a uno dei primi progetti pilota sulla riabilitazione attraverso i neuroni specchio.
“Oggi Mario, a 10 anni dalla nascita, dopo aver effettuato vari cicli di riabilitazione intensiva e varie terapie scientificamente validate, sia in Italia che all’estero, ha ottenuto un ottimo recupero dal punto di vista motorio: cammina, salta e corre, anche se usa meno la parte sinistra del corpo, mentre sotto il profilo cognitivo è abbastanza in linea con i coetanei: la presenza di qualche disturbo dell’apprendimento è ‘tamponata’, a livello scolastico, dall’aiuto di un insegnante di sostegno. L’aspetto più invalidante, al momento, è l’epilessia che, nel suo caso, si è manifestata per la prima volta all’età di tre anni. È la cosa che ci preoccupa di più, perché ha un forte impatto su di lui e sui di noi come famiglia, e condiziona l’apprendimento e gli aspetti cognitivi”.
“Le casistiche riguardanti l’ictus perinatale oscillano tra un caso ogni 1.500 e un caso ogni 2.500-3.000 nati. Si tratta, dunque, di un evento raro, ma non rarissimo. E almeno il 50% degli ictus (“stroke” in inglese) che avvengono in età pediatrica, cioè da zero a 16 anni, sono da considerarsi perinatali”, spiega Luca Ramenghi, professore straordinario di Pediatria all’Università di Genova e direttore dell’UOC Patologia neonatale dell’ospedale pediatrico Giannina Gaslini del capoluogo ligure, oggi centro di riferimento a livello nazionale per l’ictus perinatale. “Ci sono due tipi di stroke, uno di ordine arterioso e l’altro, più raro, di ordine venoso”, prosegue il professore. “Solitamente, la chiusura di un’arteria è più repentina e veloce, mentre l’ostruzione di un flusso venoso è un processo più lungo e meno frequente. Nella quasi totalità dei casi, lo stroke perinatale si estrinseca nelle prime 48-72 ore dopo la nascita, per lo più in un neonato in buone condizioni di salute. L’arresto dell’irrorazione determina la morte di un determinato territorio cerebrale che, in alcune circostanze, comporta il manifestarsi di mioclonie [brevi spasmi muscolari involontari, N.d.R.] non sempre facili da rilevare nell’immediato. Magari ci si accorge che qualcosa non va nei mesi successivi, quando diventa evidente che il bambino non utilizza un arto come invece dovrebbe. Questo perché lo stroke determina, innanzitutto, un danno motorio: un’emiplegia che, nel 25% circa dei casi, è accompagnata da una componente epilettica”.
Nel 2017, grazie alla collaborazione con la Fondazione Fight the Stroke, all’interno dell’Ospedale Gaslini è nato, primo in Italia, il Centro Stroke Neonatale e Pediatrico: una struttura, realizzata sulla scia di altre esperienze internazionali, dedicata alla diagnosi e allo studio dell’ictus pediatrico e neonatale, nonché, ovviamente, all’assistenza dei neonati e bambini colpiti da questa patologia. “Il Centro è nato dalla sensibilità di professionisti pediatri, che vedevano come alcuni bambini con particolari malattie e sindromi sviluppassero poi lo stroke”, precisa Ramenghi. “L’attenzione verso la precocità della diagnosi assicura una particolare cura sia nella ricerca e nella comprensione delle cause, incluse quelle genetiche, sia nell’avvio di una riabilitazione precoce”.
Ma l’apertura del Centro Stroke del Gaslini non è che una delle tante iniziative a carattere scientifico portate avanti, nei suoi soli sette anni di vita, dalla Fondazione voluta da Francesca e suo marito: tra queste c’è anche il primo, e forse il più ambizioso, progetto: la realizzazione tra il 2016 e il 2017 di “Mirrorable”, una piattaforma online interattiva di teleriabilitazione motoria basata sulla teoria dei neuroni specchio e sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale. Il progetto, destinato a bambini di età compresa tra i 5 e i 10 anni, con diagnosi di paralisi cerebrale unilaterale ed evidenza di pregresso danno cerebro-vascolare a carico di un emisfero, è stato portato avanti insieme all’Unità di Ricerca dell’Istituto di Neuroscienze del CNR presso l’Università di Parma, sotto la guida del professor Giacomo Rizzolatti, al cui nome è legata la scoperta della teoria dei neuroni specchio. Fino a questo momento, il progetto pilota ha coinvolto, in maniera completamente gratuita, una ventina di bambini.
“Le nostre iniziative sono tutte incentrate su scienza, tecnologia e design”, commenta Francesca. Tra gli altri progetti, infatti, vi è il lancio, insieme a Microsoft, di MirrorHR, una app pensata per aiutare le famiglie a gestire l’epilessia dei propri bambini attraverso un sistema di allerta precoce, in grado di rilevare i picchi di frequenza cardiaca che possono accompagnare le crisi. Da non dimenticare, poi, anche la Palestra dei fighters, un canale online nato con l’obiettivo di allenare le competenze e le abilità motorie dei ragazzi con paralisi cerebrale infantile. E le ultime azioni? “Al momento - chiarisce Francesca - siamo molto impegnati sul fronte del ricorso al decreto interministeriale 182 dello scorso dicembre, che ha dato il via al nuovo modello di Piano Educativo Individualizzato”. In particolare, la Fondazione Fight the Stroke ha lanciato la campagna #NoEsonero, con l’obiettivo, appunto, di denunciare l’esonero dei bambini disabili da alcune discipline di studio, la possibilità di allontanarli dal gruppo classe, la riduzione dell’orario di frequenza e il ruolo marginale assegnato alle famiglie. “Il decreto rischia di minare il diritto all’inclusione scolastica”, sintetizza Francesca. “È un problema di tutte le famiglie di bambini con disabilità. Come fondazione, cerchiamo sempre di spostare l’obiettivo dalle questioni strettamente personali, cioè i nostri problemi con Mario, a una battaglia che porti benefici a tutti”.
Politecnico – Necst Laboratory 22/3/2021
Testimonianza Fightthestroke su sport e accessibilita’ - pagg. 50-52
Le limitazioni fisiche e sociali imposte dalla pandemia da coronavirus hanno coinvolto sin da subito la pratica sportiva, tracciando una distinzione regolamentata tra livelli professionistici e pratica sportiva di base. In che modo questa distinzione riguarda chi da sempre si misura con l’accessibilità allo sport a causa di una disabilità fisica o mentale?
In Italia la pratica sportiva tra le persone con disabilità appare (ancora) significativamente meno diffusa rispetto al complesso della popolazione. Anche le parole adoperate in questo ambito sembrano concorrere a valorizzare solo i livelli di vertice e i grandi protagonisti, tralasciando le attività di base dello sport adattato, integrato o di altre pratiche sportive in cui le persone con e senza disabilità giocano fianco a fianco.
Questo libro, dunque, a partire da un'analisi del linguaggio adottato per raccontare e discutere di parasport, descrive alcune esperienze legate a sport adattati e integrati alla pratica di persone con disabilità, fino ad esaminare anche modalità e servizi che consentono alle persone con diversi tipi di disabilità di assistere agli eventi sportivi, tracciando una linea diretta tra pratica e fruizione.
L'obiettivo finale è quello di offrire riflessioni per allargare l'accessibilità al mondo dello sport, verso uno "sport per tutti" che sia equilibrio delle sue quattro dimensioni fondamentali: attività fisica, aspetto sociale, elemento di sfida e, non ultimo, diverimento.
Scuola inclusiva, cosa chiede il movimento #noesonero e cosa insegna a tutti noi
Ci sono finora 80 associazioni che hanno firmato questo appello, tra cui la Fondazione Fightthestrokedi cui avevamo parlato, e rappresentano la voce sinora inascoltata dei 284.000 alunni con disabilità in Italia.
E’ un momento difficile per la scuola italiana a causa della pandemia, siamo tutti preoccupati, ma diciamola tutta: nel nostro Paese la scuola è da decenni in crisi. E’ una scuola che sopravvive grazie agli sforzi eroici di una fetta di docenti appassionati. E’ una crisi radicale, che abbraccia il sistema educativo nel suo complesso, perché il nostro Paese non investe nella scuola e così mancano le strutture adeguate (solo 1 su 3 è accessibile per i disabili!), mancano i docenti e il personale, mancano l’aggiornamento di programmi e competenze, manca un progetto educativo all’altezza, manca una politica contro l’abbandono scolastico (sopra il 20%) e manca attenzione all’inclusione, alle pari opportunità, al sostegno per i più fragili.
Di fronte a tante mancanze, è incredibile che si possa fare pure di peggio: dopo averne visto delle belle con la Didattica a Distanza, con genialate come i banchi con le rotelle che rimarrà emblematica di quanto si possa essere alienati dalla realtà, lo scorso dicembre è arrivato il Decreto Interministeriale n.182 del 29 dicembre 2020 che introduce nelle scuole un nuovo modello di PEI (Piano Educativo Individualizzato) e stabilisce le modalità per l’assegnazione delle misure di sostegno agli alunni con disabilità in Italia.
Nelle dichiarazoni, tale decreto, sembra avere le migliori intenzioni: ‘l’adozione del nuovo strumento e delle correlate linee guida implica di tornare a riflettere sulle pratiche di inclusione e costituisce una guida per la loro eventuale revisione e miglioramento’, riporta la correlata pagina del sito del ministero dell’istruzione.
Peccato che il decreto non sia stato per niente apprezzato da chi, nel quotidiano, ha a che fare con le disabilità: genitori, tanti insegnanti, associazioni, cittadini sensibili al tema. Mirella Casale, l’insegnante torinese che nel 1977 ha dato il via all’inclusione degli alunni con disabilità in Italia, si rivolterebbe nella tomba.
Le polemiche non sono rimaste sterili, hanno dato vita alla petizione #noesonero, alla quale si può aderire e sostenere firmando l’appello qui.
ORIGAMI – MAMMA CORAGGIO: FRANCESCA
FRANCESCA FEDELI È STATA ALLIEVA DEL CENTRO CULTURALE SHAOLIN DI MILANO QUANDO AVEVAMO LA SEDE VICINO ALLA STAZIONE CENTRALE. CONFESSO CHE MI HA FATTO MOLTO PIACERE RITROVARLA A DISTANZA DI QUALCHE ANNO E SCOPRIRE CHE NON SOLO ERA DIVENTATA MAMMA MA ANCHE CHE È DIVENTATA UNA MAMMA CORAGGIO CHE NON SOLO HA AIUTATO IL PROPRIO FIGLIO MA STA AIUTANDO ANCHE TANTE ALTRE FAMIGLIE.
Francesca ha dovuto ad affrontare la difficilissima esperienza dell'ictus cerebrale infantile di suo figlio Mario. Ad un primo momento, trascorso in una profonda depressione, tristezza e rabbia per quanto accaduto al suo bambino e la sua famiglia, è seguito un secondo di rinascita che continua a portare luce e speranza a Mario e a tanti giovani sopravvissuti all’ictus con una disabilità di Paralisi Cerebrale Infantile, e alle loro famiglie.
PERCHÉ UN INCIDENTE ALLA NASCITA NON DOVREBBE DETTARE IL FUTURO DI QUESTI BAMBINI.
Francesca, infatti, insieme al marito Roberto, si è resa conto che, grazie alla diagnosi precoce e alle nuove tecniche riabilitative basate sul concetto dei neuroni specchio e sull'applicazione della tecnologia alla medicina, poteva realmente ed efficacemente aiutare suo figlio a vivere una vita piena e bella
Ictus cerebrale infantile ICTUS CEREBRALE INFANTILE: UNA MAMMA SI RACCONTA!
Francesca Fedeli è una mamma che si è trovata ad affrontare la difficile esperienza dell’ictus cerebrale infantile di suo figlio Mario. Un’intervista a cura di ShiHengDing – Grawidanza.
Dopo un primo periodo di profonda depressione e tristezza, insieme al marito Roberto, Francesca si è resa conto di una cosa. Grazie alla diagnosi precoce e alle nuove tecniche riabilitative basate sul concetto dei neuroni specchio e sull’applicazione della tecnologia alla medicina, poteva realmente aiutare suo figlio a vivere una vita piena e bella.
Intervista Comitato #noesonero a Rai Uno Mattina, 26/2/2021
UN Wien, Zero Project Conference 10/2/2021
Zero Project-awarded organizations of former years have been asked to join the Zero Dance Project – and dance! A great dance video production! =============================== Zero Project Mission Statement: Our mission is working for a world with zero barriers. =============================== The Zero Project finds and shares models that improve the daily lives and legal rights of all persons with disabilities, worldwide.