Il Sole 24 Ore - Le caregiver schiacciate tra lavoro di cura e burocrazia
Assegno di inclusione, incentivi per le assunzioni e fondi per il lavoro e le attività socio-educative: sono diverse le misure a favore delle persone disabili contenute nel Decreto Lavoro che a breve approderà alle Camere. Ma quello che scompare dall'orizzonte di intervento è la figura che sta accanto alla persona con disabilità.
I caregiver familiari creano un ponte tra i professionisti e la rete di supporto familiare. Sono quelle che l’Istituto Superiore di Sanità definisce come «persone che assistono e si prendono cura, in maniera continuativa e gratuita, di un loro familiare non autosufficiente o con patologie croniche invalidanti». Quasi tre milioni di persone, in larga parte donne e soprattutto mamme. Talvolta con una necessità di presenza che limita fortemente il loro accesso al lavoro. Gli ultimi dati Istat risalgono al 2018 e sono solo stime, in quanto si tratta di una figura non inquadrata giuridicamente.
Lo scorso novembre il Lazio è stata la prima regione a riconoscere i caregiver familiari come persone distinte sia dai loro congiunti con disabilità sia dagli operatori professionali: un passaggio importante, che ha gettato le basi per delineare i diritti soggettivi dei caregiver e i loro specifici bisogni. «L'Italia è un Paese di diritto, ciascuno ha un'identità dalla quale derivano i suoi diritti soggettivi. Per questo è importante riconoscere a noi caregiver familiari lo stato di cittadini diversi dalle persone con disabilità di cui ci occupiamo» spiega Sofia Donato, portavoce del Gruppo Caregiver Familiari Comma255.
Lavoro, salute mentale, salute fisica: su quante e quali siano le necessità delle caregiver occorre indagare con uno sguardo libero dalle troppo accuse di assistenzialismo. «Nella rete sanitaria - - spiega Francesca Fedeli, founder di FightTheStroke, fondazione che supporta la causa dei giovani sopravvissuti all'ictus - manca la figura di un case manager che metta insieme le informazioni e gli aspetti burocratici . Le iniziative sono frammentate, reperire le informazioni e giungere a ottenere i benefici disponibili comporta un carico di lavoro che si somma al resto. Il risultato è che molte di queste caregiver familiari finiscono col trascurare non solo la propria vita sociale, ma anche la propria salute».
Si può pensare a servizi capaci di intercettare il malessere e di prendere in carico i sintomi, una rete di supporto gestita da personale specializzato capace di guidare nella gestione sanitaria e burocratica. Un modello che capovolga la visione, per una gestione delle risorse a favore delle caregiver familiari, alle quali non può essere semplicemente richiesto il sacrificio totale in nome della maternità. «Ho scelto di essere madre, non di essere una caregiver familiare. L’amore è un sentimento istintivo per una madre, ma il carico di lavoro e mentale non può essere imposto» spiega Sofia Donato, che il 29 maggio porterà le istanze del Gruppo Comma255 in un convegno a Palazzo Theodoli Bianchelli, dove interverranno anche la ministra per le disabilità Alessandra Locatelli e la ministra per la famiglia, la natalità e le pari opportunità Eugenia Roccella.