ByRoberto Bof
Quante sono le persone con disabilità in Italia? Di preciso non ci è dato saperlo, e non è un’operazione facile. La più recente definizione di disabilità include tutti coloro che non dispongono di pari opportunità e sono impossibilitati nella vita quotidiana a causa di limiti imposti dal contesto. In parole povere, questo dato include una quantità enorme di persone, che magari temporaneamente si trovano in una condizione di disabilità, in seguito a un incidente, una malattia, all’avanzare dell’età o a un evento qualsiasi che prima o poi rischia di limitarci nella vita che siamo abituati a condurre. Parlare di disabilità è quindi molto complesso, le sfumature sono tantissime, e i dati in questo caso non aiutano. Pubblicati in formati non accessibili a tutti, a volte nascosti all’interno di report, oppure sparpagliati su più piattaforme o perfino incompleti. Anche questi dati si possono definire ‘disabilitati’, non potendo esprimere il loro potenziale analitico e informativo, a causa di limiti imposti dal contesto. Ed è proprio da quest’ultima riflessione che nasce l’idea di Disabled Data o Dati Disabilitati.
Si tratta di una piattaforma digitale promossa dalla Fondazione FightTheStroke
e progettata da Sheldon.studio con il supporto di onData per aprire i dati a un pubblico più ampio.
“Abbiamo lavorato a questo progetto da oltre un anno – racconta Francesca Fedeli, Presidente della Fondazione FightTheStroke ETS che si occupa di giovani con una disabilità di Paralisi Cerebrale Infantile – con una squadra fluida ma multifunzionale: i rappresentanti dei diritti, i minatori dei dati, i designer inclusivi, i giornalisti investigativi, gli sviluppatori.
L’obiettivo è sempre stato quello di dare una risposta collettiva ai bisogni espressi dalla comunità delle persone con disabilità e dai loro alleati, superando le sfide dei pregiudizi,
del dialogo mancato, degli interessi personali e delle fonti dati inaccessibili.
Stanchi di leggere titoli di giornali banalizzanti o di sentirci dire che quell’informazione non era disponibile in maniera disaggregata perché riguardante ‘la privacy di persone vulnerabili’. Nonostante le barriere incontrate, ci è sembrato comunque doveroso perseguire l’obiettivo di una piattaforma comune, che andasse oltre il singolo corporativismo tipico di questo settore e che attraverso audizioni periodiche disegnasse uno spazio inclusivo e accessibile a tutti, ascoltando la voce di beneficiari, famiglie, statisti, medici, legali, giornalisti e istituzioni, da Nord a Sud, online e offline”.
La Fondazione FightTheStroke ETS ha finanziato il progetto con proprie risorse e in linea con una missione universale di difesa dei diritti delle persone con disabilità.
“L’obiettivo – aggiunge è quello di rendere maggiormente accessibili e restituire a giornalisti, esperti, cittadini, e attivisti i dati messi a disposizione da Istat ed Eurostat, affinché si possa parlare e scrivere di disabilità in maniera più informata e consapevole”. aggiunge Matteo Moretti, designer e co-fondatore di Sheldon.studio che ha curato il design e lo sviluppo del progetto, con una particolare attenzione all’accessibilità del dato a persone con ogni tipo di disabilità”.
“Il lavoro di Istat è ammirevole – conclude Andrea Borruso, presidente dell’Associazione OnData che si è occupata di raccogliere e razionalizzare i dati presentati sulla piattaforma sia chiaro, e speriamo che Disabled Data serva come stimolo per ripensare insieme la filiera dei dati sulla disabilità, verso un processo di raccolta, pubblicazione, analisi e racconto più consistente e accessibile, in modo che i dati siano un bene comune”.
Disabled Data è al suo primo rilascio, nei prossimi mesi verrà arricchito con ulteriori sezioni, per arrivare alla versione finale entro il 3 Dicembre, Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità, consentendo anche la possibilità di ricercare, condividere e contribuire alla piattaforma.
Da oggi, chiunque voglia scrivere, documentarsi o parlare di disabilità, ha uno strumento in più, verso una narrazione e soprattutto una percezione della disabilità consapevole e libera da stereotipi.
Ecco cosa ne pensano alcuni esperti di settore che hanno contribuito al progetto Disabled Data:
Simona Lancioni, Sociologa
“Raccogliere dati sulla disabilità significa riconoscere che la disabilità non esiste come fenomeno astratto, e che quando parliamo di disabilità in realtà stiamo parlando di persone che oltre ad avere un qualche tipo di menomazione (fisica, sensoriale o intellettiva), hanno anche molte altre caratteristiche che influiscono in vario modo sulla possibilità di integrarsi e di partecipare in tutti gli ambiti della vita. Concentrarsi su una variabile alla volta – la disabilità, il genere (binario e non), l’orientamento sessuale, l’appartenenza etnica, ecc. – com’è stato fatto sinora, impedisce di cogliere la persona nella sua interezza.
Ma nella realtà, giusto per fare un esempio, le discriminazioni di genere subite da una donna con disabilità vanno a sommarsi a quelle che la stessa donna subisce in quanto persona con disabilità. Dunque, che senso ha continuare a trattare questi due dati (ammesso che vengano raccolti) come se si riferissero a due soggetti diversi?
Per dare risposte adeguate alle reali esigenze delle persone (disabili e non), dobbiamo smettere di smembrare le persone e iniziare a smembrare (disaggregare) i dati.
Mi sembra che Disabled Data vada in questa direzione.”
Consuelo Battistelli, Disability Manager
“Partire dai dati è fondamentale per focalizzare dove agire. Questo a maggior ragione se i dati si riferiscono alle persone e nello specifico a persone in condizioni di svantaggio.
I dati spesso ci sono, ma se non vengono raccolti con continuità, organizzati e comunicati coerentemente, come si può portare un reale aiuto? Il pressapochismo non è certo amico dell’inclusione. E se vogliamo davvero che questo sia l’obiettivo, è necessario avere un quadro preciso da cui partire. Benvengano, aggiungerei finalmente, progetti come Disabled Data che ci aiutano anche a mettere in discussione il concetto stesso di inclusione.
E a partire da qui si può aprire il dibattito”.
Simone Riflesso, Attivista queer e disabile
“L’eterogenea comunità delle persone disabili è fra le meno e peggio rappresentate sui media mainstream, accompagnate da stereotipi umilianti, linguaggio inopportuno e deumanizzante, oltre alle solite retoriche paternalistiche. Non fa certo eccezione la rappresentazione attraverso i dati, tale che se si volesse descrivere la complessità della situazione sulle diverse forme di disabilità in Italia, ci si troverebbe in grande difficoltà sia nel reperire i dati lacunosi esistenti che a darsi una risposta e sviluppare opinioni.
In quale modo allora, viene spontaneo chiedersi, è possibile fare interventi politici efficienti e puntuali, a partire da queste premesse? Ma andando ancora a monte, sorgono spontanee tante domande: da quale punto di vista vengono raccolti i dati sulle disabilità?
Con quale scopo? Le persone disabili sono direttamente coinvolte e opportunamente ascoltate oppure sono meramente oggetto di ricerca? Le indagini avvengono con modalità accessibili oppure no? Quali ambiti della vita delle persone disabili (e dei loro familiari) vengono indagati e quali invece lasciati nell’ombra? È per questo che quando sono venuto a sapere del progetto Disabled Data mi si è accesa la spia dell’entusiasmo. Iniziative come queste sono importantissime, e non vedo l’ora di scoprire a cosa potrà portare in termini di chiarezza e innovazione”.
Donata Columbro, Giornalista
“In generale credo che per pianificare qualsiasi servizio, qualsiasi sostegno, qualsiasi politica pubblica si debba passare dalla consapevolezza di chi sono le cittadine e i cittadini a cui mi rivolgo, quali sono le loro abitudini, le loro esigenze. Tramite una raccolta dati che sia fatta però con il coinvolgimento delle comunità e che questi dati vengano in qualche modo anche restituiti, resi disponibili in formato aperto e accessibile in tutte le sue accezioni. Come è stato fatto con Disabled Data.”
Info: Matteo Moretti – Francesca Fedeli – Andrea Borruso