Gazzetta.it: Nasce Sport for Inclusion Network

Sorto come coordinamento informale, lo Sport for Inclusion Network è ora un Ente di Terzo Settore voluto da ventuno fondazioni che tra le loro azioni hanno il sostegno e la promozione dello sport come strumento d’inclusione.
Si tratta della prima rete tematica tra fondazioni in Italia: un progetto di sistema a che raccoglie alcune tra le pratiche più interessanti di sport inclusivo e che, soprattutto, vuole mantenere sempre accese le luci sull’azione sportiva come strumento primario di benessere sociale e salute pubblica.

Un tema sempre centrale quello dello sport e dello sport inclusivo in Italia. Prima della pandemia nel mondo delle istituzioni non profit più del 33% erano realtà prettamente sportive (circa 120 mila) ma di queste solo il 7% (circa 8 mila) contribuiva, attraverso la propria attività, al contrasto di forme di disagio (Dati ISTAT 2019).
Il bisogno è palese: sostenere e accompagnare chi nel nostro Paese pensa allo sport come strumento trasversale nei processi inclusivi, con la capacità di interessare una fetta sempre più ampia di popolazione e rendere sistemico, nelle politiche di welfare, l’utilizzo dello sport.
Le ventuno organizzazioni aderenti sono uno spaccato di come il movimento dello sport inclusivo stia cercando di svilupparsi nel Paese con numeri che ne fanno un soggetto corale e rappresentativo.
Il 71% delle fondazioni del Network si occupa di sport e disabilità, il 59% di sport e periferie, e sport e povertà, mentre il 41% di sport e migranti. Una presenza capillare sul territorio nazionale e non solo; infatti quasi un terzo delle fondazioni aderenti interviene anche all’estero.
Oltre 300 le iniziative di sport inclusivo realizzate o sostenute nell’ultimo anno con più di 175.000 beneficiari diretti o indiretti (principalmente persone svantaggiate, caregiver, insegnanti, educatori e organizzazioni che erogano attività sportiva, quali ASD e società sportive).
Oltre 800.000 i contatti che le fondazioni raggiungono attraverso le proprie iniziative speciali sul territorio e i propri canali (principalmente newsletter, LinkedIn, Facebook e Instagram).

Insieme ai suoi soci, lo Sport for Inclusion Network si occuperà dello studio e della diffusione di buone pratiche di sport inclusivo, della formazione delle associazioni sportive dilettantistiche e delle organizzazioni del terzo settore, di agevolare la collaborazione con il mondo dello sport tradizionale e, chiaramente, di sostenere e sperimentare di progetti che uniscono sport e inclusione.
Presidente per il primo triennio Rocco Giorgianni, Segretario Generale di Fondazione Milan, alla Vicepresidenza Simone Castello, Segretario Generale di Fondazione Mazzola. Compongono il Direttivo della neonata Rete: Francesca Fedeli, Presidente di Fondazione Fightthestroke; Elisa Furnari, Presidente di Fondazione Ebbene; Nicola Corti, Segretario Generale di Fondazione Allianz UMANA MENTE; Alberto Benchimol, Presidente Sportfund fondazione per lo sport; Daniele Pasquini, Presidente di Fondazione Giovanni Paolo II per lo Sport.

Nasce Sport for Inclusion Network | In coda al gruppo (gazzetta.it)

Associazione OnData: qualcuno ha detto dati?

Alla fine del 2021 Nicola Bruno (grazie mille) ci ha messo in contatto Francesca Fedeli di Fight the stroke foundation.

Francesca voleva capire se le azioni che facciamo per “fare uscire” dei dati difficilmente reperibili o inesistenti, potessero servire al suo scopo e in particolare ai dati sulle persone con disabilità e sulle loro condizioni di vita:

Poter disporre di dati aggiornati, accurati e fruibili, permetterebbe di inquadrare meglio il fenomeno, aprendo nuove possibilità e prospettive per ripensare le politiche, i prodotti e i servizi, le strade, i quartieri, le città, e immaginare una società più equa e inclusiva.

Ci siamo messi in azione poco dopo, ma non era per nulla banale. Se vuoi cercare dati su un dominio, lo devi conoscere un po’. E lo stesso vale se vuoi fare richieste (a enti, gruppi di ricerca, ministeri, ecc.). Ed è una regola con cui facciamo spesso i conti e da cui spesso dipende l'esito dell'azione.

Quello che sembrava inizialmente un muro troppo alto, è stato reso superabile da Francesca - vi consigliamo di conoscerla, a partire da questo video - e dalla modalità di lavoro che è stata messa in piedi. È stata creata una squadra di lavoro composta da “Fight the stroke”, “Sheldon.studio” e noi di onData. In sintesi Sheldon doveva costruire il “racconto”, testuale e visivo, dei dati sulla disabilità, e noi di onData dovevamo “andare in miniera” a estrarre i dati. E “Fight the stroke” metteva a disposizione la sua esperienza e quindi tutte le domande a cui provare a trovare qualche risposta a partire dai dati.

Il punto di partenza del progetto è la definizione di disabilità della Convenzione delle Nazioni Unite (ONU) del 2006:

coloro che presentano durature menomazioni fisiche, mentali, intellettive o sensoriali che in interazione con barriere di diversa natura possono ostacolare la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su base di uguaglianza con gli altri.

Si sposta l'attenzione dall'individuo all'interazione con il contesto, rendendo la disabilità qualcosa che tocca e unisce tutte e tutti. E “andando in miniera” a cercare dati abbiamo subito constatato uno dei punti salienti: se volessimo raccontare la disabilità attraverso i suoi dati ci troveremmo immediatamente in una condizione di disabilità.

E da lì l'intuizione geniale del nome del progetto: Disabled Data.

Nelle prime settimane di lavoro, dialogando con Sheldon e in particolare conSimona Bisiani (una fantastica compagna di lavoro), emerge l'esistenza di un sito di Istat legato alla disabilità, ma non più raggiungibile: “Disabilità in cifre”. Scriviamo allora a Istat a metà marzo 2022, per chiedere di ripristinarlo e circa 1 mese dopo è stato rimesso in piedi ed è raggiungibile qui.

Questa piccola cosa, è stato già in partenza un ottimo risultato del progetto. E ringraziamo Istat per l'ascolto.

Sfogliando “Disabilità in cifre” ci rendiamo conto che è però un sito di qualche anno fa, con una navigazione troppo “ricca”. Se si vogliono scaricare tutti i dati, è necessario fare centinaia di click. Inoltre i dati sono resi disponibili in modalità pensate per essere lette dall'uomo, a schermo, non per essere processati in modo automatico per produrre sintesi (numeriche, descrittive e visuali). Abbiamo chiesto allora a Istat se fosse possibile ricevere allora i dati in bulk, ovvero (semplificando un po’) come un unico file, ma ci hanno risposto che non era fattibile.

Il gruppo di lavoro ha allora definito quali fossero i dati di “Disabilità in cifre” da utilizzare per il progetto e noi ci siamo occupati di scaricarli in modo automatico e di strutturarli in modo che Sheldon.studio li potesse comodamente usare per “raccontarli”.

Ci sarebbero tantissime altre cose ancora da aggiungere, ma preferiamo lasciarti continuare sul sito del progetto, che racconta molto bene quanto fatto. E sempre sul progetto potete ascoltare Francesca in una puntata di ThinkTallyTalk di Info Data.

Soltanto un'ultima nota finale: lavorare a partire da delle buon domande a cui rispondere, rende tutto più semplice e divertente e fa crescere. Sembra una frase da “cioccolattino”, ma non è così frequente riuscire a farlo.

🙏Grazie Francesca!

Radio24 - Si può fare - Storie dal sociale - Una piattaforma dati per programmare politiche sociali sulla disabilità

Radio24 - Si può fare - Storie dal sociale - Una piattaforma dati per programmare politiche sociali sulla disabilità

Quanto sono importanti i dati per comprendere la realtà che ci circonda lo abbiamo ormai capito tutti. Eppure quando parliamo di persone disabili in Italia abbiamo dati non aggiornati da anni e di fatto inutili. Da oggi però è attiva una piattaforma "disable data" frutto del lungo lavoro lungo di diverse associazioni.

RodaDaDonne - I dati (pochi!) che abbiamo sulle ragazze con disabilità sono preoccupanti

RodaDaDonne - I dati (pochi!) che abbiamo sulle ragazze con disabilità sono preoccupanti

Proprio per colmare questa – imperdonabile – lacuna è nato il progetto DisabledData, una piattaforma digitale promossa dalla Fondazione FightTheStroke progettata da Sheldon.studio con il supporto di onData, che ha come obiettivo quello di raccogliere e diffondere i dati a un pubblico ampio. Come ha spiegato Francesca Fedeli, Presidente della Fondazione FightTheStroke Ets a Il Sole 24 ore,

TiSpiegoIlDato - DisabledData

Quando Francesca Fedeli, fondatrice della fondazione Fight The Stroke, ha iniziato la sua battaglia insieme a onData e Sheldon Studio per avere dati accessibili, disponibili, aperti e aggiornati sulla disabilità voleva fare esattamente questo, decostruire gli stereotipi a partire dai dati. Se non sappiamo quante sono le persone disabili in Italia, i loro bisogni, le loro esigenze, a livello disaggregato, su tutto il territorio, continuiamo a parlarne usando quel solo dato a disposizione (il 5% della popolazione) senza farci altre domande o cercare risposte nei dati che non vengono mai raccolti o uniformati da un database all’altro.

Il progetto di ricerca, che si chiama Disabled Data, è ora una piattaforma disponibile alla navigazione di tutti e tutte, a partire da questa pagina.

Il Sole 24 Ore - Disabilità, nasce la piattaforma di dati aperti per l’Italia

Ripartire dai numeri, in un contesto in cui si discute delle persone con disabilità solo in modalità emergenziale: se i dati non esistono, nemmeno le persone.

“Nei titoli di giornale si parla solo quando ai bambini con disabilità viene negato l’accesso a scuola in mancanza dell’insegnante di sostegno, quando non hanno accesso ai servizi di logopedia, quando un giovane adulto viene assunto come cameriere in un bar, quando qualche atleta paralimpico sembra compiere un’impresa eccezionale, mentre la maggior parte dei giovani con disabilità non riesce neanche a praticare uno sport a livello amatoriale”.

Sono le parole di Francesca Fedeli, presidente della fondazione FightTheStroke, che si occupa di giovani con una disabilità di paralisi cerebrale infantile e che ha finanziato il progetto #DisabledData con proprie risorse, in linea con una missione universale di difesa dei diritti delle persone con disabilità.

“Noi vorremmo che questi bambini crescessero in un mondo – rivela Francesca Fedeli ad Alley Oop – in cui la più grande minoranza marginalizzata, e le persone con disabilità rappresentano il 15% della popolazione mondiale, possa avere servizi accessibili e disegnati in funzione dei propri bisogni”.

Questione di pari opportunità

Vita - Disabilità, mappare i dati per assicurare i diritti

Cambiare il livello della narrazione sulla disabilità in Italia si può. Ma, per riuscirci, bisogna ripartire da quello che ci dicono i numeri. Ne è convinta Francesca Fedeli della fondazione FightTheStroke che ha lanciato la piattaforma Disabled Data proprio per iniziare a far chiarezza sul tema cominciando da informazioni chiare, coerenti ed accessibili a tutti

“Nei giorni scorsi si è parlato molto dell’accessibilità di Gardaland, però, guardando i dati, magari ci rendiamo conto che quella del parco giochi non è la priorità principale su cui adoperarsi per il mondo della disabilità”. I numeri sono importanti. Spesso anche più delle parole, se non vogliamo che queste siano dette al vento, per giunta in contesti delicati. Francesca Fedeli, fondatrice e anima della Fondazione FightTheStroke, impegnata nel supporto a famiglie con bambini sopravvissuti ad un ictus alla nascita e con una disabilità di paralisi cerebrale infantile, ha lavorato sulla questione per più di un anno. Ora, assieme a un team di aziende partner, ha presentato un progetto di mappatura dei dati sul tema della disabilità con l’intento di colmare un vuoto informativo. Non solo riguardo la paralisi cerebrale infantile, condizione di cui si occupa la sua organizzazione, ma tutto il mondo della disabilità. Che, spesso, rimbalza sui grandi media solo per casi di cronaca, senza approfondimenti in merito. Genesi e obiettivo dell’iniziativa li ascoltiamo direttamente dalla sua voce.

Perché è nata Disabled Data?

La piattaforma è nata dall’esigenza di cercare dei dati su cui costruire progetti, come spesso succede anche in altri contesti. Proprio nel cercare numeri attendibili sulle persone con disabilità, ci siamo scontrati con la difficoltà di reperirli. Magari esistevano, ma in quel momento non erano accessibili, come il portale dedicato dell’Istat rimasto stato chiuso per un po’ di tempo. Oppure erano discontinui, nel senso che venivano raccolti, ma solo attraverso dei campionamenti.

Quindi che cosa avete fatto?

Mettendoci nei panni di un giornalista o di chiunque volesse effettuare una ricerca, abbiamo provato a simulare il percorso che avrebbe seguito: ci siamo resi conto che occorrevano almeno ottanta clic per recuperare quella ventina di tabelle che, mediamente, servono per arrivare all’informazione chiave. Nel nostro caso, capire quante sono le persone con disabilità in Italia.

Perché è così difficile?

Le banche dati ci dicono che in Italia il numero è di circa tre milioni di persone, pari al 5% della popolazione. Però esistono statistiche che, a livello più globale, indicano il 15%. Perciò ci siamo adoperati per rendere i dati disponibili più coerenti, fruibili e accessibli.

Da qui Disabled Data?

Il nome indica che gli stessi dati non riescono ad esprimere il loro potenziale a causa di un contesto non abilitante. Abbiamo fatto convergere i numeri dalle diverse banche dati, principalmente Istat ed Eurostat, dividendoli in sette macro temi: ora sono accessibili a tutti, forniti in un formato fruibile dal punto di vista grafico e dell’accessibilità. La piattaforma è libera, tutti i dati sono aperti, a disposizione di chi voglia cambiare il livello della narrazione della disabilità in Italia.

C’è un problema a riguardo?

È una narrazione basata principalmente sui fatti di cronaca, che difficilmente si slega dalla singola notizia, sia essa riferita a un bambino a cui manca l’insegnante di sostegno o a qualcuno a cui è stato tolto il posto in treno o, come dicevamo, a un problema di accesso a un parco. In altri casi, si parla dei risultati eccezionali ottenuti in seguito a una performance sportiva, con toni pietistici o altamente ispirazionali. Raramente, però, ciascuno di questi racconti è supportato da analisi di contesto, per capire, ad esempio, la ragione per cui a quel bambino manca l’insegnante di sostegno.

Cosa suggerite?

Noi vogliamo favorire la possibilità di trovare risposte all’altezza dei problemi che si pongono. Chiedendoci cosa ci dicono i dati? Tornando all’esempio, gli alunni con disabilità: sono un trend in crescita? Forse occorre finanziare di più la parte di formazione degli insegnanti di sostegno? L’obiettivo della piattaforma è dunque quello di fornire delle leve a chi scrive, a chi fa ricerca, a chi influenza le decisioni politiche affinché vengano cambiate le cose, senza fermarsi alla cronaca.

Quali sono i prossimi passi?

Rimane il problema della discontinuità dei dati e dei modi con cui vengono raccolti. Abbiamo scoperchiato un tema che svela tanti altri problemi. Ci auguriamo che qualcuno adotti il progetto e gli faccia compiere un ulteriore miglioramento, integrandolo con altre banche dati, ragionando insieme se questo può essere un approccio utile anche per le istituzioni. Che in qualche caso già si sono messe in contatto con noi. Abbiamo costruito la piattaforma dal basso perché diventasse un bene comune.

Il Post \ In Italia non si sa quante siano le persone con disabilità

La legge di Bilancio approvata alla fine dello scorso anno ha aumentato i soldi destinati al fondo per le politiche per le persone con disabilità: dai 300 milioni di euro previsti per il 2022 si è passati a 350 milioni all’anno fino al 2026, che servono a finanziare molti servizi indispensabili dedicati anche alle persone che eventualmente le assistono. Tuttavia, per lo stesso governo è molto complicato capire se questi fondi siano sufficienti perché in Italia non si sa quante siano effettivamente le persone con disabilità.

La mancanza di dati certi è un grosso problema di cui associazioni, fondazioni, esperti ed esperte discutono da tempo e a cui ISTAT, l’istituto nazionale di statistica, sta cercando faticosamente di rimediare. Una delle conseguenze di questa carenza è che tutte le politiche di sostegno e assistenza, non esclusivamente sanitarie, così come i fondi specifici per l’inclusione, l’accesso al lavoro, all’istruzione e allo sport o ancora l’eliminazione delle barriere architettoniche e la progettazione di luoghi inclusivi sono stati pensati e finanziati sulla base di stime ricavate da sondaggi, quindi approssimative.

Uno dei limiti principali dei dati che riguardano le persone con disabilità è la definizione stessa di disabilità. Secondo l’International classification of functioning, disability and health (Icf), la disabilità infatti non riguarda esclusivamente la presenza di un deficit fisico o psichico. È un concetto ripreso dalla Convenzione delle Nazioni Unite (ONU) del 2006 che ha spostato l’attenzione dalle condizioni individuali al contesto sociale della persona con disabilità in quanto protagonista di relazioni con ambienti e persone. La convenzione spiega che le persone con disabilità «presentano durature menomazioni fisiche, mentali, intellettive o sensoriali che in interazione con barriere di diversa natura possono ostacolare la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su base di uguaglianza con gli altri».

Leggi tutto l’articolo sul Post: https://www.ilpost.it/2022/11/02/mancanza-dati-disabilita/

Ascolta l’audio (mp3)

Ascolta l’audio del 9 Novembre 2022 (mp3)

Informa Disabile / Perché abbiamo bisogno di più dati aperti sulla disabilità

La rappresentazione mediatica passa soprattutto attraverso i dati”. Simone Riflesso è un content creator e attivista queer che da tempo si batte per un cambio della narrazione e per una rappresentazione equa di tutte le persone discriminate per il genere, l’orientamento sessuale e la disabilità. Riflesso è parte del progetto Disabled data, o Dati Disabilitati, una piattaforma digitale promossa dalla fondazione FightTheStroke e progettata da Sheldon.studio con il supporto di onData, che ha lo scopo di rendere disponibili a un pubblico più ampio i dati che riguardano la disabilità, spesso sparpagliati, incompleti o “nascosti”. Al progetto hanno collaborato, oltre ad attivisti e a chi da sempre si batte per i diritti o per una narrazione più adeguata, anche minatori di dati, designer inclusivi, giornalisti investigativi e sviluppatori. Alla piattaforma verranno aggiunte altre sezioni rispetto a quelle attuali fino al 3 dicembre, quando, in occasione della Giornata internazionale delle persone con disabilità, verrà completata.

Ancora oggi ci sono notizie di cronaca che riguardano le persone con disabilità poco efficaci per il tipo di narrazione che propongono – denuncia Francesca Fedeli, presidente di FightTheStroke -. Inoltre, abbiamo riscontrato una discontinuità nella fornitura dei dati da parte di Istat ed Eurostat. Anche il sito che dovrebbe divulgare questi dati, Disabilità in cifre, ha chiuso, ma grazie a noi ha ripreso la sua attività”.

Abbiamo iniziato cercando i dati da chi in Italia prende dati sulla salute e sulla sanità. All’inizio non abbiamo trovato un granché – racconta Andrea Borruso, presidente di OnData -. Poi ci siamo imbattuti progetto di Istat, Disabilità in cifre, un sito spento da almeno un anno, e li abbiamo contattati. Ha ripreso infatti la sua attività dopo 20 giorni“. OnData si è occupata anche di rendere più accessibile l’interfaccia di Disabilità in cifre: “Prima per accedere ai dati dal sito, era necessario fare infiniti click. Abbiamo creato un software che fa in automatico i click e genera file di insieme. Sheldon.studio, invece ha creato pagine in scrollytelling, curate anche in termini di accessibilità. Hanno trasformato dati grezzi in racconto virtuale e testuale”.

“Abbiamo provato a contattare qualche centro di ricerca di disabilità, ma tutti ponevano il problema della privacy, che, per quanto giusto e sacrosanto, da un punto di vista tecnico andrebbe gestito diversamente – spiega Borruso –. Troppi dati sulla sanità rimangano nelle banche dati originali in cui vengono raccolti. Questo non consente a una bellissima idea come quella di FightTheStroke di venire sviluppata. La cultura del dato va oltre i grafici, sono tantissimi gli interessati: chi fa ricerche, chi scrive articoli”,conclude.

Rappresentazione mediatica

“Spesso durante la raccolta dei dati, le domande vengono poste da persone che non hanno una disabilità. Questo è determinante per il racconto che ne consegue: l’intervistatore decide a monte quello che vuole sapere – spiega Riflesso -. Vengono usano espressioni come ‘persone costrette in carrozzina’: non è un linguaggio inclusivo. La persona neurodivergente o con disabilità dai media non è concepita come interlocutrice. Si parla sempre ‘di’ disabilità, mai ‘con’, e si tende a farlo solo in chiave pietistica”.

Un altro tipo di narrazione problematica, secondo Riflesso, è la spettacolarizzazione: “Soprattutto nello sport  spiega l’attivista- gli atleti con disabilità vengono descritti come supereroi, ma anche questo tipo di narrazione stigmatizza tutti coloro che non sono altrettanto performativi”. L’attivismo per la rappresentazione delle persone disabili si interseca anche con molte altre battaglie, tra cui quella per i diritti della comunità lgbtqia+. Tramite alcuni sondaggi, per uno dei suoi progetti, Riflesso ha creato una mappatura dell’accessibilità dei Pride: “Se non si pensa in maniera accessibile, si esclude in partenza chi è già emarginato”.

Violenza di genere e disabilità

Anche il genere influisce. “Le donne con disabilità hanno minori opportunità proprio perché essere donne e avere una disabilità ancora oggi significa essere sottoposte a una discriminazione multipla – denuncia Simona Lancioni, sociologa e responsabile del centro Informare un’H -. Non ci sono dati probabilistici che documentano i maggiori svantaggi di queste donne. Non c’è l’abitudine di raccogliere i dati a seconda del genere, che sembra diventare irrilevante”.

Non solo i dati che riguardano il genere, ma anche quelli su violenza e disabilità: “Gli ultimi dati probabilistici che abbiamo in materia di violenza di genere con riferimento alle donne con disabilità sono quelli pubblicati dall’Istat nel 2014  continua Lancioni -. Dateci i dati è la campagna di sensibilizzazione con cui abbiamo chiesto che vengano disaggregati i dati per genere e disabilità nelle rilevazioni triennali, e con cui abbiamo chiesto di eseguire rilevazioni dell’accessibilità dei rifugi antiviolenza: devono tenere conto anche delle donne con disabilità. Spesso, infatti, riceviamo segnalazioni di barriere architettoniche nei centri antiviolenza. Una donna sorda, per esempio, non può comunicare nei centri se non c’è nessun operatore che conosce il suo linguaggio – segnala Lancione.

Da aprile la proposta di legge in materia di statistiche in tema di violenza di genere è stata approvata definitivamente, e grazie all’ordine del giorno dell’onorevole Lisa Noja, i dati saranno disgregati anche per disabilità: “Se non abbiamo dati non possiamo contrastare il fenomeno della violenza“, continua Lancioni -. Se la raccolta viene eseguita da un istituto di ricerca, i dati possono essere allargati all’intera popolazione, con il meccanismo che viene utilizzato per i sondaggi delle elezioni. Solo così si può descrivere il fenomeno”.

Oltre a descrivere la grandezza del fenomeno, la raccolta dei dati e la loro disgregazione per disabilità sono elementi fondamentali per l’organizzazione dell’accoglienza delle vittime di violenza e anche a creare le basi per interventi di prevenzione: “In proporzione al numero di  vittime in una determinata regione si può stimare quanti centri servono in quella zona, o quanti soggetti formati per questo tipo di utenza servono, e si può stimare il numero di servizi che possono essere attivati all’occorrenza: se non si prevedono questi dati, non si può fare programmazione. Disporre dei dati significa avere un elemento oggettivo per andare nelle scuole e parlare di prevenzione. Solo così si crea una cultura che, a sua volta, crea consapevolezza nelle donne stesse. Una delle indagini del report Vera 2020 ha mostrato come alla domanda diretta ‘Hai mai subito violenza?’, il 36% delle donne (un campione non probabilistico) ha risposto di sì. Solo quando nel questionario le domande hanno iniziato a essere più specifiche sulle forme di violenza, quasi il doppio ha risposto di averle subite“.

Fonte: wired

Valigia Blu \ Disabled data, il progetto collaborativo per mappare e rendere accessibili i dati delle persone con disabilità in Italia

Disabled data, è un progetto per fare luce sui dati relativi alle persone con disabilità e sulle condizioni in cui vivono. La piattaforma si sviluppa in due direzioni: da un lato aprire una finestra sui dati associati al fenomeno della disabilità, dall’altro supportare i cittadini nella ricerca e comprensione dei dati attualmente disponibili. [

Wired \ Perché abbiamo bisogno di più dati aperti sulla disabilità

La rappresentazione mediatica passa soprattutto attraverso i dati”. Simone Riflesso è un content creator e attivista queer che da tempo si batte per un cambio della narrazione e per una rappresentazione equa di tutte le persone discriminate per il genere, l'orientamento sessuale e la disabilità. Riflesso è parte del progetto Disabled data, o Dati Disabilitati, una piattaforma digitale promossa dalla fondazione FightTheStroke e progettata da Sheldon.studio con il supporto di onData, che ha lo scopo di rendere disponibili a un pubblico più ampio i dati che riguardano la disabilità, spesso sparpagliati, incompleti o “nascosti”. Al progetto hanno collaborato, oltre ad attivisti e a chi da sempre si batte per i diritti o per una narrazione più adeguata, anche minatori di dati, designer inclusivi, giornalisti investigativi e sviluppatori. Alla piattaforma verranno aggiunte altre sezioni rispetto a quelle attuali fino al 3 dicembre, quando, in occasione della Giornata internazionale delle persone con disabilità, verrà completata. 

Ancora oggi ci sono notizie di cronaca che riguardano le persone con disabilità poco efficaci per il tipo di narrazione che propongono- denuncia Francesca Fedeli, presidente di FightTheStroke -. Inoltre, abbiamo riscontrato una discontinuità nella fornitura dei dati da parte di Istat ed Eurostat. Anche il sito che dovrebbe divulgare questi dati, Disabilità in cifre, ha chiuso, ma grazie a noi ha ripreso la sua attività”. 

Abbiamo iniziato cercando i dati da chi in Italia prende dati sullasalute e sulla sanità. All'inizio non abbiamo trovato un granché -racconta Andrea Borruso, presidente di OnData -. Poi ci siamo imbattuti progetto di Istat, Disabilità in cifre, un sito spento da almeno un anno, e li abbiamo contattati. Ha ripreso infatti la sua attività dopo 20 giorni". OnData si è occupata anche di rendere più accessibile l'interfaccia di Disabilità in cifre: “Prima per accedere ai dati dal sito, era necessario fare infiniti click. Abbiamo creato un software che fa in automatico i click e genera file di insieme. Sheldon.studio, invece ha creato pagine in scrollytelling, curate anche in termini di accessibilità. Hanno trasformato dati grezzi in racconto virtuale e testuale”. 

AssiFero

Quante sono le persone con disabilità in Italia?

Di preciso non ci è dato saperlo, e non è un’operazione facile. La più recente definizione di disabilità include tutti coloro che non dispongono di pari opportunità e sono impossibilitati nella vita quotidiana a causa di limiti imposti dal contesto. In parole povere, questo dato include una quantità enorme di persone, che magari temporaneamente si trovano in una condizione di disabilità, in seguito a un incidente, una malattia, all’avanzare dell’età o a un evento qualsiasi che prima o poi rischia di limitarci nella vita che siamo abituati a condurre. Parlare di disabilità è quindi molto complesso, le sfumature sono tantissime, e i dati in questo caso non aiutano. Pubblicati in formati non accessibili a tutti, a volte nascosti all’interno di report, oppure sparpagliati su più piattaforme o perfino incompleti. Anche questi dati si possono definire ‘disabilitati’, non potendo esprimere il loro potenziale analitico e informativo, a causa di limiti imposti dal contesto.

Ed è proprio da quest’ultima riflessione che nasce l’idea di Disabled Data o Dati Disabilitati.
Si tratta di una piattaforma digitale promossa dalla Fondazione FightTheStroke e progettata da Sheldon.studio con il supporto di onData per aprire i dati a un pubblico più ampio.

“Abbiamo lavorato a questo progetto da oltre un anno, con una squadra fluida ma multifunzionale: i rappresentanti dei diritti, i minatori dei dati, i designer inclusivi, i giornalisti investigativi, gli sviluppatori. L’obiettivo è sempre stato quello di dare una risposta collettiva ai bisogni espressi dalla comunità delle persone con disabilità e dai loro alleati, superando le sfide dei pregiudizi, del dialogo mancato, degli interessi personali e delle fonti dati inaccessibili. Stanchi di leggere titoli di giornali banalizzanti o di sentirci dire che quell’informazione non era disponibile in maniera disaggregata perché riguardante ‘la
privacy di persone vulnerabili’. Nonostante le barriere incontrate, ci è sembrato comunque doveroso perseguire l’obiettivo di una piattaforma comune, che andasse oltre il singolo corporativismo tipico di questo settore e che attraverso audizioni periodiche disegnasse uno spazio inclusivo e accessibile a tutti, ascoltando la voce di beneficiari, famiglie, statisti, medici, legali, giornalisti e istituzioni, da Nord a Sud, online e offline. ” afferma Francesca Fedeli, Presidente della Fondazione FightTheStroke ETS che si occupa di giovani con una disabilità di Paralisi Cerebrale Infantile e che ha finanziato il progetto con proprie risorse e in linea con una missione universale di difesa dei diritti delle persone con disabilità.

“L’obiettivo è quello di rendere maggiormente accessibili e restituire a giornalisti, esperti, cittadini, e attivisti i dati messi a disposizione da ISTAT ed EUROSTAT, affinché si possa parlare e scrivere di disabilità in maniera più informata e consapevole.” aggiunge Matteo Moretti designer e co-fondatore di Sheldon.studio che ha curato il design e lo sviluppo del progetto, con una particolare attenzione all’accessibilità del dato a persone con ogni tipo di disabilità. “Il lavoro di ISTAT è ammirevole, sia chiaro, e speriamo che Disabled Data serva come stimolo per ripensare insieme la filiera dei dati sulla disabilità, verso un processo di raccolta, pubblicazione, analisi e racconto più consistente e accessibile, in modo che i dati siano un bene comune.” conclude Andrea Borruso, presidente dell’Associazione OnData che
si è occupata di raccogliere e razionalizzare i dati presentati sulla piattaforma.

Disabled Data è al suo primo rilascio, nei prossimi mesi verrà arricchito con ulteriori sezioni, per arrivare alla versione finale entro il 3 Dicembre, Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità, consentendo anche la possibilità di ricercare, condividere e contribuire alla piattaforma.
Da oggi, chiunque voglia scrivere, documentarsi o parlare di disabilità, ha uno strumento in più, verso una narrazione e soprattutto una percezione della disabilità consapevole e libera da stereotipi.

Ulteriori informazioni su fightthestroke.org/disableddata

Ashoka \ DisabledData, una piattaforma digitale per liberare i dati sulla disabilità

FightTheStroke, fondata dall'Ashoka Fellow Francesca Fedeli, lancia DisabledData per rendere accessibili i dati sul mondo della disabilità. 

Quante sono le persone con disabilità in Italia?
La più recente definizione di disabilità include tutti coloro che non dispongono di pari opportunità e sono impossibilitati nella vita quotidiana a causa di limiti imposti dal contesto. Tuttavia, questo dato include una quantità notevole di persone, che magari temporaneamente si trovano in una condizione di disabilità, in seguito a un incidente, una malattia, all’avanzare dell’età o a un evento qualsiasi che prima o poi rischia di limitarci nella vita che siamo abituati a condurre.

Parlare di disabilità è quindi molto complesso, le sfumature sono tantissime, e i dati in questo caso non aiutano. Pubblicati in formati non accessibili a tutti, a volte nascosti all’interno di report, oppure sparpagliati su più piattaforme o perfino incompleti. Anche questi dati si possono definire ‘disabilitati’, non potendo esprimere il loro potenziale analitico e informativo, a causa di limiti imposti dal contesto.

È da questa riflessione che nasce l’idea di Disabled Data o Dati Disabilitati.

Disable Data è una piattaforma digitale promossa dalla Fondazione FightTheStroke, fondata dall'Ashoka Fellow Francesca Fedeli. La piattaforma è progettata da Sheldon.studio con il supporto di onData per aprire i dati a un pubblico più ampio. 

“Abbiamo lavorato a questo progetto da oltre un anno, con una squadra fluida ma multifunzionale: i rappresentanti dei diritti, i minatori dei dati, i designer inclusivi, i giornalisti investigativi, gli sviluppatori. L’obiettivo è sempre stato quello di dare una risposta collettiva ai bisogni espressi dalla comunità delle persone con disabilità e dai loro alleati, superando le sfide dei pregiudizi, del dialogo mancato, degli interessi personali e delle fonti dati inaccessibili. Stanchi di leggere titoli di giornali banalizzanti o di sentirci dire che quell’informazione non era disponibile in maniera disaggregata perché riguardante ‘la privacy di persone vulnerabili’. Nonostante le barriere incontrate, ci è sembrato comunque doveroso perseguire l’obiettivo di una piattaforma comune, che andasse oltre il singolo corporativismo tipico di questo settore e che attraverso audizioni periodiche disegnasse uno spazio inclusivo e accessibile a tutti, ascoltando la voce di beneficiari, famiglie, statisti, medici, legali, giornalisti e istituzioni, da Nord a Sud, online e offline. ”, racconta Francesca.

Nei prossimi mesi la piattaforma verrà arricchita con ulteriori sezioni, per arrivare alla versione finale entro il 3 Dicembre, Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità, consentendo anche la possibilità di ricercare, condividere e contribuire alla piattaforma. Da oggi, chiunque voglia scrivere, documentarsi o parlare di disabilità, ha uno strumento in più, verso una narrazione e soprattutto una percezione della disabilità consapevole e libera da stereotipi.

Se non esistono buoni dati sulla disabilità, chi sono le persone con disabilità?

I dati disponibili sulla disabilità sono pubblicati in formati non accessibili a tutti, a volte sono “nascosti” all’interno di report, sparpagliati su più piattaforme o perfino incompleti. Anch’essi, dunque, si possono definire “disabilitati”, a causa di limiti imposti dal contesto, così come le stesse persone con disabilità. Da questa riflessione è nata Disabled Data (“Dati Disabilitati”), piattaforma digitale che propone una prima mappatura dei dati stessi, realizzata per agevolarne la lettura, nonché l’analisi critica e la messa a disposizione per l’adozione di politiche efficaci

«Quante sono le persone con disabilita in Italia? Di preciso, purtroppo, non ci è dato saperlo, e non è un’operazione facile. La “nuova” definizione di disabilità, infatti, risalente al 2006, ovvero alla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, include tutti coloro che non dispongono di pari opportunità e sono impossibilitati nella vita quotidiana a causa di limiti imposti dal contesto. In parole povere, questo dato comprende una quantità enorme di persone, che magari temporaneamente si trovano in una condizione di disabilità, in seguito a un incidente, una malattia, all’avanzare dell’età o a un evento qualsiasi, che prima o poi rischia di limitare vita che ognuno è abituato a condurre».
A dirlo sono i promotori della piattaforma digitale Disabled Data, che aggiungono: «Parlare di disabilità è pertanto molto complesso, le sfumature sono tantissime, e i dati in questo caso non aiutano, perché sono pubblicati in formati non accessibili a tutti, a volte nascosti all’interno di report, oppure sparpagliati su più piattaforme o perfino incompleti. Anche questi dati, dunque, si possono definire “disabilitati”, non potendo esprimere il loro potenziale analitico e informativo, a causa di limiti imposti dal contesto. Ed e proprio da quest’ultima riflessione che è nata l’idea di Disabled Data o “Dati Disabilitati”».

Liniziativa è stata voluta dalla Fondazione FightTheStroke, che si occupa di giovani con disabilita causata da una paralisi cerebrale infantile e che ha finanziato il progetto con proprie risorse, ponendosi in linea con una missione universale di difesa dei diritti delle persone con disabilita. La progettazione è stata curata da Sheldon.studio, con il supporto dell’Associazione onData, per aprire i dati a un pubblico più ampio.
«Abbiamo lavorato a questo progetto da oltre un anno – spiega Francesca Fedeli, presidente della Fondazione FightTheStroke -, con una squadra fluida, ma multifunzionale: i rappresentanti dei diritti, i “minatori” dei dati, i designer inclusivi, i giornalisti investigativi, gli sviluppatori. L’obiettivo è sempre stato quello di dare una risposta collettiva ai bisogni espressi dalla comunità delle persone con disabilità e dai loro alleati, superando le sfide dei pregiudizi, del dialogo mancato, degli interessi personali e delle fonti dati inaccessibili, stanchi di leggere titoli di giornali banalizzanti o di sentirci dire che quell’informazione non era disponibile in maniera disaggregata, perché riguardante “la privacy di persone vulnerabili”. Nonostante le barriere incontrate, ci è sembrato comunque doveroso perseguire l’obiettivo di una piattaforma comune, che andasse oltre il singolo corporativismo tipico di questo settore e che attraverso audizioni periodiche, disegnasse uno spazio inclusivo e accessibile a tutti, ascoltando la voce di beneficiari, famiglie, statisti, medici, legali, giornalisti e istituzioni, da Nord a Sud, online e offline».
«Lo scopo di questa iniziativa – afferma dal canto suo Matteo Moretti, designer e co-fondatore di Sheldon.studio, che ha curato il design e lo sviluppo del progetto, con una particolare attenzione all’accessibilità del dato a persone con ogni tipo di disabilita – è quello di rendere maggiormente accessibili e restituire a giornalisti, esperti, cittadini e attivisti i dati messi a disposizione da ISTAT ed EUROSTAT, affinché si possa parlare e scrivere di disabilità in maniera più informata e consapevole».
«Il lavoro dell’ISTAT – conclude Andrea Borruso, presidente dell’Associazione OnData, che si e occupata di raccogliere e razionalizzare i dati presentati sulla piattaforma – è ammirevole, sia chiaro, e speriamo che Disabled Data serva come stimolo per ripensare insieme la filiera dei dati sulla disabilità, verso un processo di raccolta, pubblicazione, analisi e racconto più consistente e accessibile, in modo che i dati siano un bene comune».

Nei prossimi mesi Disabled Data verrà arricchito con ulteriori sezioni, per arrivare alla versione finale entro il 3 dicembre, Giornata Internazionale delle Persone con Disabilita, consentendo anche la possibilità di ricercare, condividere e contribuire alla piattaforma.
Chi dunque voglia scrivere, documentarsi o parlare di disabilità ha uno strumento in più per proporre una narrazione, e soprattutto una percezione della disabilità, consapevole e libera da stereotipi.

A contribuire al progetto è stata anche la sociologa Simona Lancioni, responsabile di Informare un’h-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa) e anche autorevole firma del nostro giornale, che dichiara: «Ritengo che raccogliere dati sulla disabilità voglia dire riconoscere che la disabilità non esiste come fenomeno astratto, e che quando parliamo di disabilità, in realtà stiamo parlando di persone che oltre ad avere un qualche tipo di menomazione (fisica, sensoriale o intellettiva), hanno anche molte altre caratteristiche che influiscono in vario modo sulla possibilità di integrarsi e di partecipare a tutti gli àmbiti della vita».
«Concentrarsi su una variabile alla volta – prosegue – la disabilità, il genere (binario e non), l’orientamento sessuale, l’appartenenza etnica ecc., così com’è stato fatto sinora, impedisce di cogliere la persona nella sua interezza. Ma nella realtà, giusto per fare un esempio, le discriminazioni di genere subite da una donna con disabilita vanno a sommarsi a quelle che la stessa donna subisce in quanto persona con disabilità. Dunque, che senso ha continuare a trattare questi due dati (ammesso che vengano raccolti) come se si riferissero a due soggetti diversi? Per dare risposte adeguate alle reali esigenze delle persone (con disabilità e non), dobbiamo smettere di smembrare le persone e iniziare a smembrare (disaggregare) i dati. Mi sembra che Disabled Data vada in questa direzione. (S.B.)

Disabled Data. “Se i dati non esistono, le persone non esistono”

ByRoberto Bof

Quante sono le persone con disabilità in Italia? Di preciso non ci è dato saperlo, e non è un’operazione facile. La più recente definizione di disabilità include tutti coloro che non dispongono di pari opportunità e sono impossibilitati nella vita quotidiana a causa di limiti imposti dal contesto. In parole povere, questo dato include una quantità enorme di persone, che magari temporaneamente si trovano in una condizione di disabilità, in seguito a un incidente, una malattia, all’avanzare dell’età o a un evento qualsiasi che prima o poi rischia di limitarci nella vita che siamo abituati a condurre. Parlare di disabilità è quindi molto complesso, le sfumature sono tantissime, e i dati in questo caso non aiutano. Pubblicati in formati non accessibili a tutti, a volte nascosti all’interno di report, oppure sparpagliati su più piattaforme o perfino incompleti. Anche questi dati si possono definire ‘disabilitati’, non potendo esprimere il loro potenziale analitico e informativo, a causa di limiti imposti dal contesto. Ed è proprio da quest’ultima riflessione che nasce l’idea di Disabled Data o Dati Disabilitati.

Si tratta di una piattaforma digitale promossa dalla Fondazione FightTheStroke
e progettata da Sheldon.studio con il supporto di onData per aprire i dati a un pubblico più ampio.
“Abbiamo lavorato a questo progetto da oltre un anno – racconta Francesca FedeliPresidente della Fondazione FightTheStroke ETS che si occupa di giovani con una disabilità di Paralisi Cerebrale Infantile – con una squadra fluida ma multifunzionale: i rappresentanti dei diritti, i minatori dei dati, i designer inclusivi, i giornalisti investigativi, gli sviluppatori.
L’obiettivo è sempre stato quello di dare una risposta collettiva ai bisogni espressi dalla comunità delle persone con disabilità e dai loro alleati, superando le sfide dei pregiudizi,
del dialogo mancato, degli interessi personali e delle fonti dati inaccessibili.
Stanchi di leggere titoli di giornali banalizzanti o di sentirci dire che quell’informazione non era disponibile in maniera disaggregata perché riguardante ‘la privacy di persone vulnerabili’. Nonostante le barriere incontrate, ci è sembrato comunque doveroso perseguire l’obiettivo di una piattaforma comune, che andasse oltre il singolo corporativismo tipico di questo settore e che attraverso audizioni periodiche disegnasse uno spazio inclusivo e accessibile a tutti, ascoltando la voce di beneficiari, famiglie, statisti, medici, legali, giornalisti e istituzioni, da Nord a Sud, online e offline”.

La Fondazione FightTheStroke ETS ha finanziato il progetto con proprie risorse e in linea con una missione universale di difesa dei diritti delle persone con disabilità.

“L’obiettivo – aggiunge è quello di rendere maggiormente accessibili e restituire a giornalisti, esperti, cittadini, e attivisti i dati messi a disposizione da Istat ed Eurostat, affinché si possa parlare e scrivere di disabilità in maniera più informata e consapevole”. aggiunge Matteo Morettidesigner e co-fondatore di Sheldon.studio che ha curato il design e lo sviluppo del progetto, con una particolare attenzione all’accessibilità del dato a persone con ogni tipo di disabilità”.

“Il lavoro di Istat è ammirevole – conclude Andrea Borrusopresidente dell’Associazione OnData che si è occupata di raccogliere e razionalizzare i dati presentati sulla piattaforma sia chiaro, e speriamo che Disabled Data serva come stimolo per ripensare insieme la filiera dei dati sulla disabilità, verso un processo di raccolta, pubblicazione, analisi e racconto più consistente e accessibile, in modo che i dati siano un bene comune”.

Disabled Data è al suo primo rilascio, nei prossimi mesi verrà arricchito con ulteriori sezioni, per arrivare alla versione finale entro il 3 Dicembre, Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità, consentendo anche la possibilità di ricercare, condividere e contribuire alla piattaforma.

Da oggi, chiunque voglia scrivere, documentarsi o parlare di disabilità, ha uno strumento in più, verso una narrazione e soprattutto una percezione della disabilità consapevole e libera da stereotipi.

Ecco cosa ne pensano alcuni esperti di settore che hanno contribuito al progetto Disabled Data:

Simona Lancioni, Sociologa
“Raccogliere dati sulla disabilità significa riconoscere che la disabilità non esiste come fenomeno astratto, e che quando parliamo di disabilità in realtà stiamo parlando di persone che oltre ad avere un qualche tipo di menomazione (fisica, sensoriale o intellettiva), hanno anche molte altre caratteristiche che influiscono in vario modo sulla possibilità di integrarsi e di partecipare in tutti gli ambiti della vita. Concentrarsi su una variabile alla volta – la disabilità, il genere (binario e non), l’orientamento sessuale, l’appartenenza etnica, ecc. – com’è stato fatto sinora, impedisce di cogliere la persona nella sua interezza.
Ma nella realtà, giusto per fare un esempio, le discriminazioni di genere subite da una donna con disabilità vanno a sommarsi a quelle che la stessa donna subisce in quanto persona con disabilità. Dunque, che senso ha continuare a trattare questi due dati (ammesso che vengano raccolti) come se si riferissero a due soggetti diversi?
Per dare risposte adeguate alle reali esigenze delle persone (disabili e non), dobbiamo smettere di smembrare le persone e iniziare a smembrare (disaggregare) i dati.
Mi sembra che Disabled Data vada in questa direzione.”

Consuelo Battistelli, Disability Manager
“Partire dai dati è fondamentale per focalizzare dove agire. Questo a maggior ragione se i dati si riferiscono alle persone e nello specifico a persone in condizioni di svantaggio.
I dati spesso ci sono, ma se non vengono raccolti con continuità, organizzati e comunicati coerentemente, come si può portare un reale aiuto? Il pressapochismo non è certo amico dell’inclusione. E se vogliamo davvero che questo sia l’obiettivo, è necessario avere un quadro preciso da cui partire. Benvengano, aggiungerei finalmente, progetti come Disabled Data che ci aiutano anche a mettere in discussione il concetto stesso di inclusione.
E a partire da qui si può aprire il dibattito”.

Simone Riflesso, Attivista queer e disabile
“L’eterogenea comunità delle persone disabili è fra le meno e peggio rappresentate sui media mainstream, accompagnate da stereotipi umilianti, linguaggio inopportuno e deumanizzante, oltre alle solite retoriche paternalistiche. Non fa certo eccezione la rappresentazione attraverso i dati, tale che se si volesse descrivere la complessità della situazione sulle diverse forme di disabilità in Italia, ci si troverebbe in grande difficoltà sia nel reperire i dati lacunosi esistenti che a darsi una risposta e sviluppare opinioni.
In quale modo allora, viene spontaneo chiedersi, è possibile fare interventi politici efficienti e puntuali, a partire da queste premesse? Ma andando ancora a monte, sorgono spontanee tante domande: da quale punto di vista vengono raccolti i dati sulle disabilità?
Con quale scopo? Le persone disabili sono direttamente coinvolte e opportunamente ascoltate oppure sono meramente oggetto di ricerca? Le indagini avvengono con modalità accessibili oppure no? Quali ambiti della vita delle persone disabili (e dei loro familiari) vengono indagati e quali invece lasciati nell’ombra? È per questo che quando sono venuto a sapere del progetto Disabled Data mi si è accesa la spia dell’entusiasmo. Iniziative come queste sono importantissime, e non vedo l’ora di scoprire a cosa potrà portare in termini di chiarezza e innovazione”.

Donata Columbro, Giornalista
“In generale credo che per pianificare qualsiasi servizio, qualsiasi sostegno, qualsiasi politica pubblica si debba passare dalla consapevolezza di chi sono le cittadine e i cittadini a cui mi rivolgo, quali sono le loro abitudini, le loro esigenze. Tramite una raccolta dati che sia fatta però con il coinvolgimento delle comunità e che questi dati vengano in qualche modo anche restituiti, resi disponibili in formato aperto e accessibile in tutte le sue accezioni. Come è stato fatto con Disabled Data.”

Info: Matteo Moretti – Francesca Fedeli – Andrea Borruso

Il Sole 24 Ore / Disabilità, una piattaforma digitale per liberare i dati

Disabilità, una piattaforma digitale per liberare i dati

DisabledData nasce da Fondazione FightTheStroke per rendere accessibili i dati sul mondo della disabilità. Un primo passo per comprenderlo

di A.Mac.

24 ottobre 2022

(Teerayut - stock.adobe.com)

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2' di lettura

Spesso invisibili per l’opinione pubblica, per la burocrazia e per i media, i disabili rischiano di esserlo davvero se non c’è nemmeno un quadro certo della realtà. E per comprendere bisogna partire da informazioni e dati certi. E allora, quante sono le persone con disabilità in Italia? Di preciso non ci è dato saperlo, e non è un'operazione facile. Ed è proprio da questa riflessione che nasce l'idea di DisabledData o Dati Disabilitati. Si tratta di una piattaforma digitale promossa dalla Fondazione FightTheStroke progettata da Sheldon.studio con il supporto di onData per aprire i dati a un pubblico più ampio.

La “nuova” definizione di disabilità, risalente al 2006, include tutti coloro che non dispongono di pari opportunità e sono impossibilitati nella vita quotidiana a causa di limiti imposti dal contesto. Questo concetto include una quantità enorme di persone, che magari temporaneamente si trovano in una condizione di disabilità, in seguito a un incidente, una malattia, all'avanzare dell'età o a un evento qualsiasi che prima o poi rischia di limitarci nella vita che siamo abituati a condurre.

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Parlare di disabilità è quindi molto complesso, le sfumature sono tantissime, e i dati in questo caso non aiutano. Pubblicati in formati non accessibili a tutti, a volte nascosti all'interno di report, oppure sparpagliati su più piattaforme o perfino incompleti. Anche questi dati si possono definire ‘disabilitati', non potendo esprimere il loro potenziale analitico e informativo, a causa di limiti imposti dal contesto.

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Ed è proprio da quest'ultima riflessione che nasce l'idea di DisabledData o Dati Disabilitati.Si tratta di una piattaforma digitale promossa dalla Fondazione FightTheStroke e progettata da Sheldon.studio con il supporto di onData per aprire i dati a un pubblico più ampio. «Abbiamo lavorato a questo progetto con una squadra fluida ma multifunzionale: i rappresentanti dei diritti, i minatori dei dati, i designer inclusivi, i giornalisti investigativi, gli sviluppatori - afferma Francesca Fedeli, Presidente della Fondazione FightTheStroke Ets che si occupa di giovani con una disabilità di paralisi cerebrale infantile - L'obiettivo è sempre stato quello di dare una risposta collettiva ai bisogni espressi dalla comunità delle persone con disabilità e dai loro alleati, superando le sfide dei pregiudizi, del dialogo mancato, degli interessi personali e delle fonti dati inaccessibili. Stanchi di leggere titoli di giornali banalizzanti o di sentirci dire che quell'informazione non era disponibile in maniera disaggregata perché riguardante “la privacy di persone vulnerabili”. Nonostante le barriere incontrate, ci è sembrato comunque doveroso perseguire l'obiettivo di una piattaforma comune, che andasse oltre il singolo corporativismo tipico di questo settore e che attraverso audizioni periodiche disegnasse uno spazio inclusivo e accessibile a tutti, ascoltando la voce di beneficiari, famiglie, statisti, medici,legali, giornalisti e istituzioni».

Disabled Data è al suo primo rilascio, nei prossimi mesi verrà arricchito con ulteriori sezioni, per arrivare alla versione finale entro il 3 Dicembre 2022, Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità, consentendo anche la possibilità di ricercare, condividere e contribuire alla piattaforma