Cambiare il livello della narrazione sulla disabilità in Italia si può. Ma, per riuscirci, bisogna ripartire da quello che ci dicono i numeri. Ne è convinta Francesca Fedeli della fondazione FightTheStroke che ha lanciato la piattaforma Disabled Data proprio per iniziare a far chiarezza sul tema cominciando da informazioni chiare, coerenti ed accessibili a tutti
“Nei giorni scorsi si è parlato molto dell’accessibilità di Gardaland, però, guardando i dati, magari ci rendiamo conto che quella del parco giochi non è la priorità principale su cui adoperarsi per il mondo della disabilità”. I numeri sono importanti. Spesso anche più delle parole, se non vogliamo che queste siano dette al vento, per giunta in contesti delicati. Francesca Fedeli, fondatrice e anima della Fondazione FightTheStroke, impegnata nel supporto a famiglie con bambini sopravvissuti ad un ictus alla nascita e con una disabilità di paralisi cerebrale infantile, ha lavorato sulla questione per più di un anno. Ora, assieme a un team di aziende partner, ha presentato un progetto di mappatura dei dati sul tema della disabilità con l’intento di colmare un vuoto informativo. Non solo riguardo la paralisi cerebrale infantile, condizione di cui si occupa la sua organizzazione, ma tutto il mondo della disabilità. Che, spesso, rimbalza sui grandi media solo per casi di cronaca, senza approfondimenti in merito. Genesi e obiettivo dell’iniziativa li ascoltiamo direttamente dalla sua voce.
Perché è nata Disabled Data?
La piattaforma è nata dall’esigenza di cercare dei dati su cui costruire progetti, come spesso succede anche in altri contesti. Proprio nel cercare numeri attendibili sulle persone con disabilità, ci siamo scontrati con la difficoltà di reperirli. Magari esistevano, ma in quel momento non erano accessibili, come il portale dedicato dell’Istat rimasto stato chiuso per un po’ di tempo. Oppure erano discontinui, nel senso che venivano raccolti, ma solo attraverso dei campionamenti.
Quindi che cosa avete fatto?
Mettendoci nei panni di un giornalista o di chiunque volesse effettuare una ricerca, abbiamo provato a simulare il percorso che avrebbe seguito: ci siamo resi conto che occorrevano almeno ottanta clic per recuperare quella ventina di tabelle che, mediamente, servono per arrivare all’informazione chiave. Nel nostro caso, capire quante sono le persone con disabilità in Italia.
Perché è così difficile?
Le banche dati ci dicono che in Italia il numero è di circa tre milioni di persone, pari al 5% della popolazione. Però esistono statistiche che, a livello più globale, indicano il 15%. Perciò ci siamo adoperati per rendere i dati disponibili più coerenti, fruibili e accessibli.
Da qui Disabled Data?
Il nome indica che gli stessi dati non riescono ad esprimere il loro potenziale a causa di un contesto non abilitante. Abbiamo fatto convergere i numeri dalle diverse banche dati, principalmente Istat ed Eurostat, dividendoli in sette macro temi: ora sono accessibili a tutti, forniti in un formato fruibile dal punto di vista grafico e dell’accessibilità. La piattaforma è libera, tutti i dati sono aperti, a disposizione di chi voglia cambiare il livello della narrazione della disabilità in Italia.
C’è un problema a riguardo?
È una narrazione basata principalmente sui fatti di cronaca, che difficilmente si slega dalla singola notizia, sia essa riferita a un bambino a cui manca l’insegnante di sostegno o a qualcuno a cui è stato tolto il posto in treno o, come dicevamo, a un problema di accesso a un parco. In altri casi, si parla dei risultati eccezionali ottenuti in seguito a una performance sportiva, con toni pietistici o altamente ispirazionali. Raramente, però, ciascuno di questi racconti è supportato da analisi di contesto, per capire, ad esempio, la ragione per cui a quel bambino manca l’insegnante di sostegno.
Cosa suggerite?
Noi vogliamo favorire la possibilità di trovare risposte all’altezza dei problemi che si pongono. Chiedendoci cosa ci dicono i dati? Tornando all’esempio, gli alunni con disabilità: sono un trend in crescita? Forse occorre finanziare di più la parte di formazione degli insegnanti di sostegno? L’obiettivo della piattaforma è dunque quello di fornire delle leve a chi scrive, a chi fa ricerca, a chi influenza le decisioni politiche affinché vengano cambiate le cose, senza fermarsi alla cronaca.
Quali sono i prossimi passi?
Rimane il problema della discontinuità dei dati e dei modi con cui vengono raccolti. Abbiamo scoperchiato un tema che svela tanti altri problemi. Ci auguriamo che qualcuno adotti il progetto e gli faccia compiere un ulteriore miglioramento, integrandolo con altre banche dati, ragionando insieme se questo può essere un approccio utile anche per le istituzioni. Che in qualche caso già si sono messe in contatto con noi. Abbiamo costruito la piattaforma dal basso perché diventasse un bene comune.