I GENITORI CHIEDONO, I GIOVANI ADULTI RISPONDONO - Anna

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I GENITORI CHIEDONO,
I GIOVANI ADULTI RISPONDONO

Dal libro 'Lotta e sorridi' del 2015, pag.75: 'E poi quello che ancora Internet non ci dava era la possibilità di parlare con qualcuno. Di vedere che cosa poteva fare una persona adulta con emiplegia. Volevo capire come sarebbe stata la vita di mio figlio nei prossimi anni. Speravo di trovare un ventenne o un trentenne da qualche parte nel mondo che raccontasse la sua storia: «My name is Jack, when I was born the doctors said that… But the story went differently…». Niente, era solo la mia fantasia.'

Ottobre 2019, la fantasia supera la realtà: si è tenuto a Milano il primo incontro in auto-gestione dei giovani adulti #fightthestroke; la comunità virtuale era nata qualche anno prima, a seguito della tesi di laurea di Ilaria Cervetto, e il resto è avvenuto attraverso il passaparola.

E’ arrivato poi un momento in cui abbiamo deciso di creare due comunità separate, quella storica dei caregiver #fightthestroke e quella dei giovani adulti #fightthestroke, in cui ognuno si sentisse libero di esprimere i propri dubbi e di chiedere conforto alla comunità dei pari.

Rimane però la necessita costante di confronto tra i due gruppi e così è nato un sondaggio delle richieste più frequenti che i genitori vorrebbero fare ai giovani, a cui i giovani si sono prestati a rispondere in un bell’esempio di risonanza emotiva.

Pubblichiamo qui le loro risposte, in sette puntate, un viaggio nella contemporaneità della Paralisi cerebrale infantile.

Milano, 20/12/2019


Le risposte di Anna, 34 anni, emiparesi sinistra

Cosa ti ha fatto più soffrire da bambino e da adolescente, in relazione alla tua disabilità?

Da bambina poteva capitare che venissi esclusa, sia dagli altri bambini sia dagli insegnanti, da giochi o altre attività. A scuola, in particolare, nell’ora di educazione fisica capitava spesso che venisse saltato il mio nome dall’appello perchè non potevo fare alcuni esercizi (ora penso che si sarebbe potuto decidere di fare esercizi che tutti erano in grado di svolgere). Da adolescente è capitato che mi dessero dei nomignoli poco carini ma usando un tono dolce nel pronunciarli come se si trattasse di uno scherzo innocente (la cosa mi faceva arrabbiare ancora di più). Questi ed altri episodi mi hanno portata ad avere una forte insicurezza e un senso di inadeguatezza.

Cosa, con amorevole rammarico, consiglieresti di fare o non fare a noi genitori di piccoli fighters?

Sicuramente consiglierei di normalizzare, quanto più possibile, la vita. Mai dire “Tu non puoi” ma “Proviamoci!”. Consiglio di cercare una soluzione, una modalità per risolvere le difficoltà quotidiane. Credo sia importante spronare, stimolare e incoraggiare il bambino a fare. Per quanto difficile, bisogna trovare la giusta via di mezzo, spronare il bambino ma non farlo demoralizzare per possibili, eventuali insuccessi.

Quando hai preso consapevolezza del tuo grado di disabilità ed hai cominciato a lavorare sui tuoi punti di forza?

Credo di aver avuto sempre consapevolezza della mia disabilità e purtroppo di aver spesso accettato passivamente ciò che ne conseguiva. Tuttavia, quando sono stata spronata credo di aver reagito abbastanza bene agli stimoli.

Quali attività sportive ti hanno dato più soddisfazione da piccolo e che consiglieresti ad un bambino con diversi gradi di PCI?

Non sono mai stata una grande sportiva credo però che il nuoto possa essere uno sport abbastanza indicato ai bambini con paralisi cerebrale.

Ti senti discriminato oggi per la tua disabilità?

A volte può capitare ancora di sentirmi discriminata, personalmente detesto quando anche le persone più care usano con leggerezza termini come handicappato o simili per definire altre persone o situazioni. Oltre ad essere una cosa molto sgradevole, non capiscono che, in qualche modo, mi sento derisa personalmente.

Quali i rimpianti di attività non fatte e rimorsi per attività fatte, che vorresti condividere oggi con i tuoi genitori?

Rimpiango di aver sempre rinunciato a fare qualsiasi cosa potesse suscitare il mio interesse (come ad esempio suonare uno strumento musicale o fare qualche sport) perchè mi sentivo inadeguata e sembrava tutto impossibile ai miei occhi. Nonostante le difficoltà oggettive, oggi penso che con un po’ di impegno avrei potuto raggiungere dei risultati. Rimorsi non credo di averne, gli anni di fisioterapia o i continui viaggi della speranza e le visite mediche sono stati impegnativi ma necessari. Sono stata sempre seguita da persone preparate e molto umane, forse se avessi condiviso queste esperienze con altri bambini, mi sarei sentita meno sola e sarebbe stato più facile accettarle. In generale credo sia importantissimo il dialogo con il bambino, chiedere il suo punto di vista: il bambino in questo modo sente di aver un ruolo importante e determinante nella soluzione del problema e questo può dargli fiducia.

Hai dei rimpianti/rancori nei confronti dei tuoi genitori, o pensi che abbiano fatto tutto quello che c’era da fare?

Credo che i miei genitori abbiano cercato di fare tutto il possibile, forse anche di più, per risolvere il problema. Poichè però la nostra è una condizione migliorabile ma permanente forse avrebbero potuto lasciarmi sperimentare un po’ di più e pormi meno limiti nonostante le mie difficoltà e la disabilità.

E' stato facile trovare un lavoro?

Ho trovato lavoro grazie al collocamento mirato alle categorie protette, tuttavia non sono pienamente soddisfatta e le difficoltà di trovare il lavoro dei sogni credo siano le stesse che vivono tutti i giovani d’oggi.

Guidi l'auto in autonomia?

Probabilmente potrei, con i dovuti accorgimenti, ma per una paura sia personale che dei miei genitori ho evitato di prendere la patente. Per ora non ho la necessità di usare la macchina ma, se dovessi averne bisogno, credo che deciderei di iscrivermi a scuola guida.

Come immagini il tuo futuro: ci saranno sogni che rimarranno nel cassetto per colpa della disabilità?

Diciamo che avendo sempre avuto consapevolezza di ciò che potevo fare, o forse dovrei dire di ciò che non potevo fare, i miei sogni sono sempre stati collegati a ciò che il mio fisico mi permetteva, escludendo a priori qualsiasi attività o disciplina manuale. Sono soddisfatta dei traguardi ottenuti ma magari sono ancora in tempo per raggiungerne altri.

Che tipo di trattamenti riabilitativi hai seguito da piccola? (es. motorio, cognitivo, psico, etc)

Ho fatto fisioterapia dalla nascita fino ai nove anni, poi ho avuto un rifiuto fino all’anno scorso. Da un anno, con un senso di leggerezza che non avevo da bambina, ho ripreso a fare fisioterapia.

Che ruolo hanno avuto i tuoi fratelli o sorelle, come ti sei sentita nei loro confronti?

Grazie a mia sorella, più grande di me di 5 anni, ho imparato ad andare in bicicletta senza rotelle e sempre grazie a lei sono andata a studiare lontano da casa. Sono siciliana, ho studiato a Bologna e adesso lavoro a Roma dove vivo da sola.

Quali difficoltà hai incontrato maggiormente nel metodo di studio e quali soluzioni hai adottato?

Non credo che la mia disabilità abbia mai influito sul metodo di studio o sul rendimento scolastico.

Quali corsi consiglieresti per meglio mettersi nei panni di chi vive la disabilità?

Né io né i miei genitori abbiamo mai partecipato a dei corsi, sicuramente credo che sia molto importante per i genitori il confronto con altri genitori che vivano le stesse difficoltà e per i bambini frequentare anche bambini che hanno la stessa disabilità per non sentirsi strani o diversi dal resto del mondo. Dal mio punto di vista anche un percorso di psicoterapia per i genitori potrebbe essere utile per accettare e affrontare i problemi e per rapportarsi nel migliore dei modi con il bambino.

Com'era il tuo rapporto con gli altri da piccolo e com'è adesso?

Sono sempre stata molto timida e lo sono ancora. Oggi sono leggermente più espansiva ma riesco ad aprirmi con maggior facilità quando noto un reale interesse nei miei confronti e quando non mi sento osservata per la mia disabilità.

Quale è stato l’età/l’anno di vita più difficile? Quello del cambiamento, della consapevolezza, per cui consiglieresti di stare in allerta?

Credo di essere sempre stata abbastanza consapevole della mia disabilità e gli anni più difficili probabilmente sono stati proprio quelli dell’infanzia, in una piccola città in cui mi sentivo l’unica al mondo così diversa, così strana. Mi sembrava ingiusto e incomprensibile dover andare a fare fisioterapia mentre le mie amiche andavano a lezione di danza.

Quanto ha influito la disabilità nelle scelte scolastiche, lavorative e sociali?

Come ho accennato prima, sono sempre stata abbastanza consapevole di ciò che potevo o non potevo fare quindi, senza farmi troppe domande, le mie scelte sono sempre state collegate alle mie possibilità fisiche. Oggi però penso che se avessi avuto altre aspirazioni avrei potuto osare e trovare un modo per raggiungere obiettivi difficili per la mia disabiltà.

Da un punto di vista sociale mi sono sempre sentita un po’ inadeguata, ho sempre avuto un po’ di imbarazzo per il giudizio altrui e questo mi rende piuttosto timida. Su questo aspetto ci sto lavorando ancora oggi.