LA VITA DOPO L'ICTUS: Elena

Il senso di perdita che ho provato nel momento in cui abbiamo ricevuto la diagnosi è stato immenso e ancora oggi fa capolino ogni tanto dentro di me, nonostante siano passati quasi 5 anni. La portata di quanto ci venne comunicato quel giorno fu un fulmine a ciel sereno. I problemi motori di nostra figlia Elena (emi dx), che aveva 10 mesi al momento della diagnosi, li avevamo notati già da tempo; mai però avremmo immaginato la dimensione del danno che il suo cervello aveva subito in un momento che tuttora non è noto con precisione, compreso tra la 28° settimana di gravidanza e il 28° giorno di vita. 

Dal giorno della diagnosi tutto è cambiato. Compresi in un istante che il problema motorio che osservavamo avrebbe potuto essere solo la punta dell’iceberg. Compresi che avevamo poco tempo davanti a noi (circa 3 anni, ci dissero) per realizzare gran parte del processo di recupero e riabilitazione. Compresi che quanto poteva offrire a Elena la piccola città in cui abitavamo era troppo poco. Era necessario un approccio alla bambina a 360 gradi. Non solo fisioterapia, ma anche monitoraggio logopedico e cognitivo per poter intervenire tempestivamente nel caso in cui si fossero manifestati problemi anche in questo campo (cosa che poi è accaduta), sostegno psicologico alla bambina e alla famiglia. 

Dopo due mesi ci trasferimmo in un’altra città. Ci fu di grande aiuto il lavoro di mio marito, che lo costringe spesso a doversi spostare: quello che fino a quel momento mi sembrava un limite per la nostra famiglia divenne all’improvviso un’opportunità. Io lasciai il lavoro ma ho potuto usufruire prima del congedo parentale che non avevo ancora utilizzato, poi del prolungamento e del congedo straordinario concessi dalla preziosissima legge 104.  

Quell’anno abbiamo cambiato due volte fisioterapisti e metodo. A guidarci nella scelta fu proprio nostra figlia, dal momento che conoscevamo ben poco la materia. Il suo benessere psicologico e la sua serenità sono sempre stati la nostra priorità, pertanto ci siamo fermati solo nel momento in cui Elena ha incontrato un’équipe di terapisti in grado di garantirle non solo un adeguato recupero, ma anche questo benessere. Parlo di équipe perché questo è stato un altro dei nostri “fari” nella scelta: la riabilitazione non può essere opera di un solo terapista, per quanto bravo. Serve una “squadra” di professionisti, che possa operare in sintonia anche con il sistema scolastico, e abbiamo avuto la grande fortuna di averla trovata.

L’altra nostra grande fortuna è stata che Elena ha una sorella gemella: uno stimolo continuo per il suo processo di recupero, una palestra di vita per la costruzione della sua autostima. 

Oggi Elena ha 5 anni e mezzo e la nostra battaglia non è finita. Nonostante siano passati da tempo i famosi primi tre anni, il processo di recupero continua, e ora ci attende la grande sfida della scuola elementare, oltre a qualche altro importante cambiamento all’orizzonte (tra cui il mio rientro al lavoro). 

Abbiamo affrontato tante sfide e sono stati molti i problemi che hanno fatto capolino nel corso del tempo: molti di quanti ci erano stati prospettati non si sono verificati, altri che non erano previsti invece si sono presentati alla nostra porta. Inutile dire che la preoccupazione è sempre stata molta. Penso che sarà così per sempre. Cionostante oggi noi genitori possiamo dirci finalmente più sereni. Abbiamo di fronte a noi una bambina che ha avuto un ottimo recupero neuro-motorio, una bambina intelligente e soprattutto serena, dotata di una notevole autostima, consapevole dei propri problemi ma determinata con impegno a superarli. 

Ogni tanto mi dico che forse avremmo potuto fare di più per il recupero motorio di Elena, soprattutto a livello dell’arto superiore, nonostante abbiamo compiuto notevoli passi avanti. Nello stesso tempo però mi dico che abbiamo fatto quanto era possibile in quel momento, dovendo garantire alla bambina anche il tempo per giocare, divertirsi come fanno tutti gli altri bambini della sua età e crescere in un ambiente sereno.

Il messaggio che voglio dare ai genitori che si trovano ad affrontare questo cammino infatti è questo: la riabilitazione è importantissima ma non deve mai essere fonte di stress per il bambino e deve convivere con altri aspetti della sua vita (il gioco, la scuola, le esperienze) senza invadere tutto lo spazio. Ciò significa a volte scendere a dei compromessi. Elena è stata sempre molto esplicita nel farci capire quando era il momento di rallentare o cambiare approccio nella riabilitazione. Sta a noi genitori cogliere questi segnali.

Dina