ictus Perinatale e pediatrico- faq

Di seguito le nostre risposte a tutte le domande più frequenti.
Perché crediamo che solo la conoscenza diffusa e scientificamente validata sull’Ictus che colpisce neonati e bambini possa aiutare la scienza ad evolvere e le famiglie a non perdere la speranza.

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Cos’è l’Ictus?

L’ictus (spesso chiamato con il termine anglosassone “stroke”) si verifica quando il flusso di sangue al cervello viene bloccato per l’ostruzione oppure per la rottura di un vaso sanguigno.

Nel primo caso si parla di Ictus Ischemico, nel secondo di Ictus Emorragico. Nel caso di un ictus emorragico la situazione è più rapida come insorgenza, con esiti spesso più gravi e con un rischio di esiti fatali maggiore.

Quando si parla di Ictus Perinatale (fetale, prenatale e neonatale) –pediatrico (infantile, Giovanile)?

Contrariamente a ciò che la maggior parte delle persone crede, l’ictus può colpire anche bambini e i neonati, addirittura prima della nascita.

Si definisce Ictus Perinatale l’ictus avvenuto nelle ultime 18 settimane di gestazione fino ai primi 30 giorni dopo la nascita. Altri termini per questa fascia di età includono “fetale”, “prenatale” per il periodo prima della nascita, ‘neonatale’ per quello avvenuto nel primo mese di vita. Infine si definisce “presumibilmente perinatale” quello identificato più tardi ma che sulla base delle caratteristiche neuroradiologiche e cliniche è probabilmente avvenuto entro il primo mese di vita.

Si definisce Ictus Pediatrico (o infantile) quello avvenuto tra 1 mese di vita e i 18 anni, Ictus Giovanile quello avvenuto tra i 18 e i 35 anni ca. 

Quanto è comune l’ictus nel neonato e nel bambino?

La maggior parte degli ictus in bambini al di sotto del 18 anni si verificano nel periodo perinatale.

Per la sorpresa di molti, le giornate più “a rischio” di ictus ischemico nella vita di un uomo corrispondono alla prima settimana di vita.

Stime precedenti riportavano un'incidenza di circa 1 per 3000 nati vivi. Tuttavia, i più recenti studi suggeriscono che il rischio possa arrivare addirittura a 1: 1000 nati. La sua incidenza in soggetti di età compresa tra 28 giorni di vita e 18 anni è stimata invece tra 2 e 13 su 100.000 bambini all'anno (non così rara, basti pensare che questa incidenza è paragonabile a quella dei tumori cerebrali infantili).

Quali sono le principali cause e i fattori di rischio dell’ictus nei bambini?

Le cause dell’ictus nei bambini in gran parte non sono note e dipendono dall’età del bambino, si stimano oltre 100 fattori di rischio per questa categoria di pazienti.

I principali fattori di rischio per l’ictus sono:

  • malattie congenite del cuore ma anche malattie cardiache acquisite (soprattutto se associate a danni alle valvole cardiache)

  • patologie genetiche (ad esempio anomalie della parete dei vasi)

  • anomalie nella coagulazione del sangue (soprattutto per le forme emorragiche)

Nel caso dell’ictus pre-natale o perinatale, ai fattori di rischio sopra citati se ne aggiungono altri più specifici, quali:

  • disordini nel funzionamento della placenta

  • parto prematuro o neonato piccolo per età gestazionale

  • alterazioni della coagulazione o malattie autoimmuni nella madre

  • ipoglicemia grave del neonato o infezioni

  • complicanze durante il parto (meno del 10%)

Nel caso dell’ictus nei bambini più grandi e nei giovani altri fattori di rischio sono:

  • traumi alla testa

  • malattie autoimmuni

  • anemia falciforme

  • infezioni (in particolare la Varicella, ma anche altre forme virali e batteriche)

  • Leucemie e tumori (soprattutto tumori cerebrali)

Come si può manifestare l’ictus nel neonato?

Nel neonato l’ictus si può manifestare con tremori a un lato del corpo, in II-III giornata di vita, talvolta associati ad apnee. In molti casi questi sintomi non vengono riconosciuti, talvolta sono addirittura assenti, e l’ictus da segno di sé diversi mesi dopo quando il bambino inizia a presentare inizialmente un uso preferenziale dell’arto “risparmiato” fino a una franca emiparesi dell’arto “colpito”. In questi casi la diagnosi di ictus viene fatta tardivamente e si parla di “ictus presumibilmente perinatale”.

Come si può manifestare l’ictus nel bambino?

Nel lattante e nel bambino più piccolo la sintomatologia clinica può essere aspecifica e accompagnata da modesti segni clinici focali, come convulsioni, febbre, irritabilità o cefalea, distonie e alterazione del sensorio. Nella seconda infanzia e nelle età successive la presentazione clinica prevalente consiste, invece, in un deficit neurologico acuto focale, quale un’emiparesi, associata o meno a fenomeni convulsivi.

Oltre che all’età del bambino, la sintomatologia clinica è correlata al territorio vascolare coinvolto. Il distretto più comunemente colpito è quello dell’arteria cerebrale media.

Come si fa la diagnosi di ictus nel bambino e nel neonato?

La diagnosi di ictus richiede sempre un'attenta valutazione sia della clinica che degli esami neuroradiologici da parte di uno specialista.

Una volta riconosciuti i sintomi, infatti, si rende necessaria per la diagnosi l’acquisizione di immagini del cervello (neuroimmagini).

La migliore metodica ad oggi è la Risonanza Magnetica (MRI). Questa metodica infatti è priva di radiazioni, e ottimale per la diagnosi differenziale dell’ictus, tuttavia richiede tempi piuttosto lunghi e non è disponibile in tutti gli ospedali.

Altri tipi di immagini come la tomografia computerizzata (comunemente definita TC) o l’ecografia transfontanellare (nel neonato), disponibili nella maggior parte degli ospedali, possono suggerire un ictus anche se la MRI rimane di solito necessaria. 

Quali sono le terapie raccomandate post-ictus?

Riguardo al trattamento, nel caso di ictus ischemico l’obiettivo sarà la riperfusione del tessuto cerebrale tramite rimozione dell’ostacolo, tuttavia i farmaci ormai ampiamente utilizzati nell’adulto (trombolitici) non sono ad oggi raccomandati nel bambino e necessitano di studi clinici su ampia scala (a causa di possibili effetti collaterali legati al loro utilizzo ed agli stretti criteri di idoneità di utilizzo).

Esistono alcune condizioni che richiedono trattamento specifico quali l’anemia falciforme o le vasculiti.

Nel caso invece di ictus emorragico l’obiettivo primo sarà quello di interrompere il sanguinamento, una volta identificata la causa (che sia una malformazione vascolare o un problema di alterazione nella coagulazione…). Inoltre, qualora vi sia inondamento di sangue all’interno dei ventricoli – la complicanza principale da prevenire o trattare precocemente è l’idrocefalo (accumulo eccessivo di liquido all’interno del cervello), nel qual caso spesso occorre intervenire con l’inserimento di una piccola sonda, che faccia defluire i liquidi in eccesso.

Accanto a questi trattamenti propri della fase acuta, le terapie raccomandate per i bambini e i giovani, prevedono programmi di tipo riabilitativo da adattare all’età (fisioterapia, psicomotricità, logopedia) e da integrare con un piano di attività da svolgere a casa, nell’ambiente familiare.

Questo tipo di trattamenti risultano fondamentali per consentire un adeguato recupero funzionale delle aree cerebrali coinvolte (ossia il recupero delle funzioni che il cervello svolgeva prima che avvenisse lo stroke) e stimolare la plasticità cerebrale (ovvero la capacità delle cellule nervose sopravvissute di vicariare/sostituire la funzione di quelle perse).

è possibile prevenire l’ictus nei neonati e nei bambini?

La prevenzione dipende dalla tipologia di ictus e dall’età di insorgenza.

Per quanto riguarda le forme perinatali, dal momento che non è ancora ben identificata la causa nella maggior parte dei casi, non è possibile identificare quali siano le madri o i neonati a rischio. Di conseguenza, non ci sono misure preventive che al momento si possano ritenere efficaci.

Non vi è quindi, nella maggior parte dei casi, alcun comportamento errato delle madri durante la gravidanza, che possa aver causato o favorito l’ictus nel bambino.

Per quanto riguarda le forme infantili e pediatriche si ritengono preventive:

  • Le vaccinazioni (riducendo il rischio di ictus post-infettivo)

  • La identificazione precoce dei soggetti a rischio (bambini con anemia falciforme o con altre malattie genetiche predisponenti l’ictus ischemico e d’altra parte le coagulopatie p.e. l’emofilia, per l’ictus emorragico) e l’attuazione di misure preventive specifiche alla patologia sottostante, laddove previste.

Che tipo di conseguenze o disabilità può causare l’ictus?

L'ictus è una lesione al cervello. Pertanto, è possibile che a lungo termine possa andare a compromettere qualsiasi area delle funzioni cerebrali e quindi qualsiasi sua funzione. Le conseguenze dei danni cerebrali dovuti all’ictus dipendono dalla sede e dall’estensione del danno, nonche’ dall’età in cui esso si è verificato.

È importante ricordare che lo sviluppo del cervello di un bambino è un processo estremamente rapido soprattutto nei primi due-tre anni di vita ma resta in continua evoluzione e tale evoluzione continua per molti anni.  Questo significa inoltre che alcune attività cerebrali si sviluppano, nell’individuo che sta crescendo, con il passare degli anni (ad esempio il ragionamento logico, le abilità di calcolo, l’attenzione, la capacità di pianificare) e per questo motivo possono emergere alcuni deficit funzionali (ovvero alcune lacune/carenze di specifiche aree cerebrali). Di conseguenza, le difficoltà potrebbero venire riconosciute solo intorno all'epoca in cui le differenti abilità dovrebbero svilupparsi.  Per esempio, l'apprendimento complesso (come il calcolo) di solito non è appreso fino alla scuola, pertanto, difficoltà in tale ambito potrebbero non essere riconosciute per molti anni.

Benchè studi recenti abbiano migliorato la nostra capacità di provare e prevedere le possibili disabilità a lungo termine, già al momento della diagnosi, anche nei casi più chiari, il medico può in realtà fornire solamente una serie di risultati possibili. Ogni bambino poi scriverà la sua storia, grazie agli stimoli esterni e al suo corredo genetico.

Considerando globalmente le forme perinatali e quelle del bambino più grande le conseguenze principali che l’ictus può causare sono:

  • Ridotte abilità motorie e di coordinamento

  • Alterazione delle capacità di apprendimento

  • Epilessia

  • Difficoltà nel linguaggio

  • Difficoltà nell’alimentazione

  • Irritabilità, alterazioni della sfera psichica nonchè alterazione del ritmo sonno-veglia

  • Disturbi nella vista

Quali sono le principali differenze tra ictus nei bambini e ictus negli adulti?

L’ictus negli adulti presenta fattori di rischio quali pressione arteriosa alta, fumo, diabete, arteriosclerosi, obesità e colesterolo alto che possono essere in gran parte ridotti attraverso uno stile di vita salutare e buone abitudini. Nel caso dei bambini i fattori di rischio sono più complessi, meno noti e più difficilmente prevenibili.

I sintomi nel bambino e ancor più nel neonato sono più difficilmente riconoscibili; il neonato e il lattante non può comunicare sintomi che spesso non sono facilmente visibili (sonnolenza, marcata inconsolabilità, scarsa capacità di succhiare, etc.).

Esistono ancora oggi dei tempi medi di ritardo diagnostico che vanno dalle 24 ore nelle forme pediatriche ad alcuni mesi o anni nelle forme perinatali.

Esiste un rischio aumentato per un bambino che ha avuto un ictus di averne altri nel corso della sua infanzia?

Il rischio di “ricorrenza” (ovvero di avere nuovi ictus) in un bambino che ha avuto un primo evento dipende dalla causa sottostante.

Nella maggior parte delle forme perinatali il rischio è estremamente ridotto (molto minore dell’1%) e dopo il primo anno di vita diventa praticamente sovrapponibile a quello degli altri bambini. Diverso è il caso in cui rimangano delle alterazioni dei vasi del cervello (restringimenti) in cui, in alcuni casi può essere necessario un monitoraggio più stretto ed eventuali misure preventive.

Esistono rare forme perinatali dovute a malattie genetiche predisponenti, in questi casi il rischio di ricorrenza dipende dalla patologia stessa.

Per quanto riguarda le forme pediatriche il rischio di ricorrenza dipende dalla causa sottostante.

Anche in questo caso nelle forme dovute a malattie genetiche predisponenti il rischio di ricorrenza dipende dalla patologia stessa.

Nelle forme post infettive, invece, solitamente il rischio di ricorrenza è limitato ai primi 6 mesi dopo il primo ictus.

Se ho un figlio con un ictus perinatale esiste un rischio che tale situazione si ripresenti in altri figli?

Il rischio di recidiva di ictus nei neonati/gravidanze successive è estremamente basso.

Pochi studi hanno affrontato questo problema, ma le evidenze attuali suggeriscono che il rischio per gli stessi genitori che sono altrimenti sani è probabilmente molto inferiore all’1%.

Quanto è importante la plasticità del cervello?

È certamente vero che i “cervelli giovani” rispondono in modo diverso a lesioni come quelle causate dall’ictus.

Tuttavia, sono ancora oggetto di studio i meccanismi attraverso i quali queste risposte avvengano.

Recenti studi indicano come l’adattamento del cervello in via di sviluppo dopo un ictus pediatrico e ancor più perinatale permetta il recupero di alcune funzioni, ma per quanto riguarda altre funzioni questo non è possibile. Una migliore comprensione di questi meccanismi permetterà di sviluppare nuove strategie di trattamento.

 

Milano, ultimo aggiornamento: Aprile 2019

Si ringrazia per la validazione scientifica di queste informazioni il team di Medici appartenenti al board di www.fightthestroke.org.

 

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