Quale lo stato dell’arte della robotica nelle Paralisi Cerebrali Infantili?
Le ricerche in neuroscienze dimostrano che il recupero di una funzione dopo una lesione al sistema nervoso è dovuto alla sua plasticità, ovvero alla sua capacità di modificare la sua organizzazione funzionale in seguito a stimoli esterni, che poi sono rappresentati dall’esperienza nella vita e nell’esercizio. Le Linee Guida in Riabilitazione in tutto il mondo ci dicono da anni che per essere efficace un esercizio, e quindi un approccio riabilitativo, deve essere intensivo, ripetitivo e orientato alla funzione, oltre che motivante. Queste caratteristiche dell’esercizio sono proprio quelle che offrono i dispositivi robotizzati che, per questi motivi, rappresentano un’importante opportunità in riabilitazione sia nell’età evolutiva che nell’adulto.
Il mercato dei dispositivi robotici nell’ultimo decennio ha visto un importante incremento, soprattutto in Italia, diffusione a cui hanno fatto seguito anche numerose pubblicazioni scientifiche, soprattutto dai centri di ricerca e dai reparti clinici, ma tuttora manca un quadro complessivo e condiviso di riferimento che tenga conto della diversa efficacia di ogni dispositivo, delle indicazioni specifiche e di quale approccio riabilitativo sia più appropriato ad ogni condizione.
Per questi motivi le Società Scientifiche Italiane di Riabilitazione, la SIMFER (Società Italiana di Medicina Fisica e Riabilitativa ) e la SIRN (Società Italiana di Riabilitazione Neurologica) hanno avviato una Conferenza Nazionale di Consenso (Conferenza di Consenso “CICERONE - La riabilitazione assistita da robot e dispositivi elettromeccanici per le persone con disabilita di origine neurologica”) per valutare l’efficacia, le indicazioni , gli approcci riabilitativi e organizzativi di questi preziosi strumenti innovativi e concludere con le migliori prassi per il loro utilizzo efficace ed efficiente.
Allo stato attuale, in attesa delle conclusioni della Conferenza di Consenso Cicerone, già qualche elemento di chiarezza è comunque possibile derivare dagli studi e dall’esperienza di coloro che quotidianamente hanno a che fare con questa tipologia di dispositivi anche nell’età evolutiva.
Innanzitutto, è ormai sostenuto in modo conclusivo dalla maggior parte degli studi che la riabilitazione assistita da robot non può essere condotta in sostituzione dei trattamenti riabilitativi convenzionali. Essa rappresenta uno strumento in più, di grande efficacia, che migliora i risultati che ci si pone per quel bambino, con quelle caratteristiche di condizione neurologica e funzionale, con quel carattere, motivazione, con quella famiglia e quella organizzazione circostante. In pratica è uno strumento “dentro” l’intero percorso riabilitativo, che deve essere finalizzato in modo preciso e deve avvalersi di tutti gli strumenti disponibili per ottenere in modo efficace ed efficiente i risultati da perseguire.
I dispositivi robotizzati sono apparecchiature estremamente sofisticate che forniscono opportunità di esercizio prestabilito, con misure di parametri cinematici che descrivono i risultati ottenuti, ma devono essere impostati e programmati; quindi, rimangono sempre sotto la guida del riabilitatore che ne stabilisce le caratteristiche e la finalità.
Infatti, robot per la riabilitazione sono diversi e con caratteristiche elettromeccaniche specifiche e quindi con differenti indicazioni e utilizzi possibili. Esistono dispositivi che agiscono su diverse articolazioni e segmenti degli arti, che aiutano diversamente l’arto a muoversi, e lo fanno in due o tre dimensioni ecc. In più possono funzionare combinati con la realtà virtuale o feed back visivo e/o sonoro, sensori e stimolazioni elettriche. Tutti ormai forniscono report sugli esercizi effettuati, le caratteristiche dei movimenti ripetuti con i principali parametri cinematici e i risultati ottenuti sessione per sessione.
Dal punto di vista clinico, questi dispositivi possono essenzialmente:
ridurre le retrazioni muscolari e tendinee, migliorando il movimento possibile delle grosse articolazioni degli arti;
migliorare la capacità di movimento attivo degli arti, la sua fluidità, l’equilibrio e la resistenza allo sforzo moderato;
migliorare anche la propriocezione, ovvero la capacità del corpo di percepire la propria posizione nello spazio senza il controllo visivo.
Per quanto riguarda la riabilitazione dell’arto superiore e della mano con dispositivi robotizzati, gli studi e l’esperienza affermano che sono generalmente promettenti e che è certo che migliorano la destrezza, la fluidità del movimento e la coordinazione occhio mano, fondamentali per l’utilizzo funzionale dell’arto e della mano. Permettono la ripetizione intensiva dei movimenti deficitari in ogni singola sessione con movimenti il più naturali e accurati possibili.
Fanno parte di questa categoria alcuni dispositivi assai diffusi per la riabilitazione dell'arto superiore e della mano: ARMEO, Mit Manus, InMotion, Pablo, Motore, Reo, Manovo, Amadeo, Gloreha, per citare i più noti e primi a entrare nel mercato. Numerosi altri dispositivi, non solo prototipali, stanno entrando nella pratica di numerosi centri riabilitativi. Si distinguono tutti per diverse caratteristiche di progettazione e quindi per funzionalità diversa, con diverso “aiuto” per l’arto (sostegno e conduzione della macchina più o meno importanti per il braccio e la mano, articolazioni maggiormente esercitate, essenzialmente) e devono sempre essere programmati per l’utilizzo appropriato al quado funzionale del bambino.
Tutti vengono dotati di feedback sensomotori e di motor learning ottenuti tramite la realtà virtuale, che, oltre a rendere possibile col gioco l’esercizio finalizzato, permettono di esercitare l’attenzione e le funzioni visive, oltre ad aumentare gli effetti di apprendimento motorio. In questo modo si può esercitare la funzione di afferrare, prendere e spostare gli oggetti, ovvero utilizzare funzionalmente il braccio e la mano.
L’esercizio presenta sempre differenti livelli di difficoltà sulla base della performance del bambino e poi progressivamente e con modalità individualizzate reso più difficile. Come già accennato, è sempre possibile la registrazione dei parametri cinematici raggiunti ad ogni sessione, funzione utile per controllare i progressi ma anche per verificare l'adeguatezza del percorso impostato. L'eventuale presenza di disturbi visivi e cognitivi, assai frequente nelle PCI, può rendere più difficile come ovvio l'utilizzo di questi dispositivi e limitarne i risultati. Ciò, tuttavia, non rappresenta una controindicazione all'utilizzo della robotica con realtà virtuale perché al contrario, quando possibile, rappresenta un esercizio assai motivante delle funzioni attentive, di coordinazione visuomotoria, oltre che sensitivo motoria per l'arto superiore.
In fig. un esempio di report delle performances dell’arto superiore durante le sessioni robot assistite.
La posologia dell’esercizio per l'arto superiore con dispositivi robotizzati non è ancora ben specificata, ma la maggior parte degli esperti propone cicli intensivi per una durata definita (es. 5 volte /settimana per una durata di 4-8 settimane) in relazione agli obiettivi e ai parametri cinematici monitorati.
Relativamente ai dispositivi per la riabilitazione del cammino abbiamo le stesse problematiche: diversi dispositivi soprattutto sperimentali, ma una maggiore esperienza. Naturalmente, date le stesse dimensioni delle macchine, esse sono utilizzabili solo in bambini non tanto piccoli, che comunque hanno già iniziato a camminare, e pertanto hanno una finalità di miglioramento di alcune caratteristiche del cammino e dell’equilibrio raggiunti.
La riabilitazione con robot per il cammino permette essenzialmente di ottenere il miglioramento della qualità del passo, soprattutto tramite la programmazione degli esercizi che agiscono sui segmenti degli arti inferiori, sulle rispettive articolazioni, l’orientamento del bacino e del tronco, l’alleggerimento del peso corporeo e l’aiuto all’attività motoria del bambino necessari. Mediante la ripetizione del passo durante le sessioni (si possono effettuare 1200 passi in mezz’ora di sessione), con diversa forza di conduzione della macchina (l’aiuto che si dà al bambino) e l’attività che si richiede (e che al momento riesce a dare il bambino) si ottiene di aumentare la simmetria del passo, la velocità e la tolleranza allo sforzo, quindi la distanza percorsa e, infine l’autonomia del bambino nei trasferimenti e nei percorsi.
I dispositivi più diffusi nei centri di riabilitazione sono il Lokomat, il Gait Training e il Geo System. Questi dispositivi hanno caratteristiche differenti (il primo è un esoscheletro, con fissazione di tutti i segmenti dell’arto inferiore, gli altri robot sono definiti “end effector”, con fissazione dell’estremità dell’arto inferiore). Tutti permettono di programmare il sostegno del peso corporeo necessari, la forza di conduzione, l’aiuto al bambino nel cammino esercitato, l’articolarità da migliorare ai diversi livelli, l’allungamento miotendineo ecc. Tutti questi dispositivi citati esercitano il cammino in modo statico, ovvero su treadmill e non fuori nello spazio aperto come con un cammino normale, e come alcuni robot per la riabilitazione per ora solo nell'adulto, permettono.
Pur essendoci maggiore disponibilità di ricerche sui robot per il cammino nel bambino, ancora non vi è uniformità di idee sui migliori protocolli di trattamento da adottare con questi dispositivi. Per lo più, in linea con i principi generali della riabilitazione si ritiene che più intensivo è il trattamento (4-5 sedute alla settimana per 2-3 settimane) e più esso è efficace e può permettere di ottenere i risultati funzionali prefissati.
In ogni caso è necessario tenere in considerazione che ogni bambino richiede un trattamento che deve essere “confezionato” appositamente per lui, non precostituito, e monitorato sessione per sessione con misure possibili con le stesse apparecchiature robotiche e con valutazioni periodiche.
Ci si deve attenere a “quel” bambino e ai suoi bisogni: neuromotori, neurosensoriali, ma anche neuropsicologici (deficit di attenzione, motivazione ecc). Deve essere chiaro fin dall’inizio del trattamento il perché lo si fa: agire sui singoli componenti dell’atto funzionale sul quale si vuole lavorare, per esempio su determinati momenti del passo, dell’equilibrio, oppure sul tono muscolare, sulle retrazioni o sulle limitazioni articolari. E questo non può essere perseguito solo con il robot ma anche e insieme ai trattamenti convenzionali e altre tecnologie che devono essere combinati nelle singole sessioni riabilitative in un percorso unico di progressivo impegno per il bambino.
Milano 16/5/2021
Ringraziamo la Dott.ssa Donatella Bonaiuti, giá Primario Fisiatra all’Ospedale S. Gerardo di Monza, attualmente Direttore Sanitario del Centro In Piedi a Milano, per la redazione di questo articolo per la Fondazione Fightthestroke.
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