Per un’informazione consapevole sulla nutrizione dei bambini con Paralisi Cerebrale: le FAQ della Dott.ssa A. Lezo
Prosegue la collaborazione con Danone Nutricia, per un’informazione consapevole sulla nutrizione dei bambini con Paralisi Cerebrale: le FAQ della Dott.ssa A. Lezo
A valle degli approfondimenti video in occasione della Feeding Tube Awareness Week 2023 abbiamo raccolto le principali domande dalle famiglie #fightthestroke sul tema della nutrizione dei bambini con Paralisi Cerebrale e abbiamo chiesto alla Dott.ssa Lezo, Responsabile s.s. Dietetica e Nutrizione clinica presidio OIRM-S.Anna, di rispondere ai dubbi più comuni.
1. Quali sono le problematiche più frequenti nell’alimentazione dei bambini con danni neurologici alla nascita e nelle varie fasi di sviluppo?
Il problema più frequente è la disfagia che può comparire anche precocemente e talvolta con sintomi ad evoluzione subdola. Per questo l’ultima consensus dell’ESPGHAN e anche il documento SIGENP del 2019, raccomandano la valutazione multidisciplinare di questi bambini. Questo, in termini pratici e in relazione alla disfagia, significa che la valutazione logopedica deve essere effettuata ad ogni visita e non solo se ci sono problemi perchè solo in questo modo potremmo rilevare precocemente alterazioni della funzione orale e prevenirli o trattarli adeguatamente. La disfagia per i liquidi precede solitamente le altre compromissioni della funzione orale e può essere trattata con l’ispessimento di tutti i liquidi con gli addensanti in polvere o quelli precostituiti e pronti all’uso. La consistenza da ottenere non deve essere necessariamente quella del gel o gelificata – nelle fasi inziali è sufficiente la consistenza sciropposa. Le mamme o i genitori spesso esitano ad utilizzarli pensando che possano non essere gradite dai bambini. Alcuni accorgimenti come il proporre fresche le bevande addensate o utilizzare altri liquidi oltre l’acqua, come tisane o succhi di frutta, potrebbero risultare una strategia vincente e ci permette di garantire un adeguato apporto idrico che molto spesso risulta scarso in questi bambini.
Lo scarso apporto idrico è anche causa di stipsi in questi bambini – questo è un altro dei problemi che frequentemente presentano i bambini o i pazienti con neurodisabilità. Infatti, l’utilizzo delle fibre o di lassativi osmotici non è efficace se l’apporto idrico non viene corretto, anzi potrebbe essere dannoso. Questo problema della stipsi naturalmente è correlato anche con la patologia neurologica che causa dismotilità intestinale, per cui è necessaria una corretta igiene intestinale ovvero mantenere l’alvo regolare garantendo almeno evacuazioni a giorni alterne.
Un segno indiretto della disfagia è il prolungamento della durata dei pasti e degli spuntini. Questa talvolta diventa la principale attività e occupa gran parte del tempo delle mamme e dei bambini prolungandosi per diverse ore, togliendo tempo ad altro e rappresentando una fonte di stress e di fatica per entrambi, oltre ad essere una condizione per lo sviluppo della malnutrizione. Naturalmente le contratture muscolari o le difformità scheletriche contribuiscono in maniera significativa alle difficoltà alimentari.
La malnutrizione coinvolge la quasi totalità dei bambini con neurodisabilità e ha una patogenesi multifattoriale. Come abbiamo già detto, la prima causa è la stessa patologia di base, con tutti gli elementi che ne fanno parte dal ridotto apporto calorico, all’ipomobilità, all’aumentato fabbisogno o l’alterato utilizzo dei substrati. Conoscendo ormai molto bene questo problema, dobbiamo essere sensibili e attenti e non trascurare questo aspetto. Negli anni l’aspettativa di vita di questi pazienti è aumentata, la malnutrizione non è qualcosa che dobbiamo intendere come fisiologica o parte del quadro clinico: al contrario, è una condizione che si può e si deve trattare, meglio se da specialisti.
Un altro problema di cui molto spesso soffrono i pazienti con neurodisabilità è il reflusso gastroesofageo (RGE), anch’esso presente in molti pazienti e che contribuisce all’instaurarsi della malnutrizione. L’eziologia del RGE è molteplice: la posizione supina in modo cronico, il ritardato svuotamento gastrico, la stipsi, la dismotilità, le anomalie scheletriche contribuiscono in modo sinergico.
Anche la diagnosi clinica non è semplice perche i sintomi del RGE possono essere vari come ad esempio l’irritabilità, il pianto, il rifiuto del cibo – che sono segni abbastanza tipici; il RGE può essere la causa anche di segni e sintomi atipici come l’anemia, crisi distoniche, laringospasmo o frequenti riacutizzazioni polmonari. Ma soprattutto può essere causa di complicanze severe come l’inalazione nelle vie aeree del contenuto gastrico.
La diagnosi strumentale, con esami diagnostici come la pHimpedenziometria o endoscopia o scintigrafia, rappresenta il punto di partenza. Ma in considerazione della difficoltà di espletare queste indagini nei piccoli pazienti, l’ESPGHAN consiglia di utilizzare gli inibitori di pompa protonica come terapia di prima linea, valutandone l’efficacia nel tempo.
2. Come arrivare ad una diagnosi di disfagia? Come trattare il reflusso? Quali le circostanze per cui si decide di scegliere la nutrizione artificiale?
Della disfagia abbiamo già parlato e qui desidero rinforzare la necessità della valutazione multidisciplinare di questi pazienti per cogliere precocemente eventuali sintomi e trattarli adeguatamente. Ricordiamo anche che spesso l’inalazione nelle vie aeree, specie se in piccola quantità, potrebbe essere silente. Oltre all’addensamento dei liquidi, rendere i cibi omogenei e cremosi aiuta a gestire la disfagia. L’esame obiettivo da parte di una logopedista o foniatra e la ricerca di segni indiretti di disfagia solitamente è sufficiente ad individuare le problematiche presenti. In qualche caso potrebbe essere necessario lo studio con fibre ottiche della laringe e la videofluorografia. Se l’inalazione è documentata, con tutte le consistenze per cui la modificazione dietetica non è sufficiente, occorre proteggere le vie aeree ed evitare l’alimentazione per bocca.
La nutrizione artificiale di prima scelta nei pazienti con neurodosabilità è la nutrizione enterale, per il semplice fatto che il loro intestino è intatto e andrebbe utilizzato; inoltre la nutrizione entrale è fisiologica, di facile gestione, tecnica collaudata, costi contenuti e adattabile in ogni condizione. Il segreto per un trattamento efficace è iniziare precocemente – prima dell’instaurarsi della malnutrizione – affidarsi a centri esperti con tutte le competenze necessarie, vale a dire, nutrizionisti (dietisti e dietologi), endoscopisti, chirurghi in modo tale da poter articolare il trattamento in base alle caratteristiche e le esigenze di ogni singolo paziente.
3. Gli integratori alimentari e il potenziamento cognitivo: quale il ruolo degli acidi grassi? È utile usare supplementi a base di omega 3?
Parlando di micronutrienti, farei un elenco più lungo di quelli che i vari studi segnalano come deficitari nei pazienti con neurodisabilita e apporti orali ridotti e parliamo di acidi grassi essenziali, ferro, zinco, selenio, vitamina C, D, E, Ca e P. Il fatto è che non ci sono indicazioni formulate per supplementare questi microelementi e la migliore strategia è l’alimentazione equilibrata e sufficientemente varia, eventualmente con utilizzo di integratori. Questo perchè nessuno di questi elementi agisce da solo. In particolare l’integrazione con acidi grassi essenziali della serie omega 3 potrebbe essere utile in condizioni di dieta carente ma non sono noti protocolli di supplementazione nè quali di questi scegliere (molecole biologicamente attive come EPA e DHA o i precursori) nè i dosaggi. I PUFA in generale e quelli della serie omega 3 in particolare, hanno molteplici ruoli: sono parte delle membrane cellulari e ne garantiscono la stabilità, hanno effetti antiinfiammatori, influiscono sulla salute della retina ecc. Nel bambino piccolo, nei primi anni di vita, anche gli omega 6 e l’acido arachidonico – loro molecola attiva – sono molto importanti per la crescita, lo sviluppo neurocognitivo ecc. Per cui la condizione ideale sarebbe un buon equilibrio tra loro, possibilmente accompagnato da un apporto adeguato di antiossidanti come vit. E, vit. C, vit. A, Zn, Se, Cu perchè si ossidano facilmente e l’effetto dei radicali liberi dell’ossigeno sappiamo essere dannoso. E’ per questo che possiamo fare riferimento agli integratori – qui siamo nell’ambito della farmaconutrizione - in condizioni particolari ma alla lunga dobbiamo puntare su una dieta bilanciata che possa fornire tutti i micronutrienti.
I LARN raccomandano un apporto di 250 mg tra EPA e DHA. Per i lattanti e i bambini fino a 2 anni si consigliano altri 100 mg di DHA. È bene ricordare che, oltre a dover introdurre una quantità adeguata di omega 3, risulta importante garantire il giusto rapporto con gli omega 6.
Comunque, se si ha un’alimentazione povera, potrebbe avere senso la supplementazione con 250-500 mg di EPA e DHA. Non sono noti protocolli di supplementazione, non è nota la durata e esattamente gli effetti misurati sul sistema nervoso.
Una supplementazione molto utile è quella con 800-1000 UI di vitamina D al giorno; le categorie di pazienti che in particolare ne beneficiano sono quelli che assumono terapia antiepilettica e quelli con ridotta mobilità per evitare il danno osseo.
L’ultimo cenno in merito a supplementi lo riserviamo agli amminoacidi – con rare eccezioni, la dieta dei bambini con neurodisabilità è spesso piuttosto ricca di proteine per cui questi supplementi possono essere utili solo in caso di particolari casi con assunzioni molto carenti. Tra le miscele di amminoacidi proposti potrei citare gli amminoacidi ramificati che hanno un buon tropismo muscolare ma non mi sento di consigliarne la supplementazione perchè anche nello sportivo trovano utilità per brevi periodi e per migliorare le prestazioni, oltre al fatto che è necessario che ci sia una quota calorica adeguata e che non superi il 20% degli amminoacidi in generale. Gli amminoacidi essenziali potrebbero essere utili in persone con regime dietetico vegetariano stretto o vegano.
4. Gli integratori alimentari e il sonno: quali supplementi possono aiutare l’addormentamento? La melatonina è efficace? Quali le controindicazioni? Esiste una dieta più o meno raccomandata per il pasto serale, per favorire l’addormentamento?
La melatonina è un ormone naturalmente prodotto dall’organismo con un ritmo circadiano funzionale al ritmo sonno-veglia. Nei bambini con disabilità neurologica questo potrebbe essere alterato per cui diventa consigliabile l’assunzione di melatonina con diverse formulazioni (rapido o lento rilascio o molecole miste). Consiglio di parlarne con il proprio medico di riferimento per poter scegliere la forma migliore.
Attraverso l’alimentazione, specie il pasto serale, potremmo favorire l’addormentamento assumendo pasti non eccessivi e ricchi o di melatonina oppure in grado di stimolare la sua produzione endogena perché ricchi di triptofano. Quest’ultimo è un amminoacido necessario alla sintesi della serotonina che è un neurotrasmettitore precursore della melatonina.
Anche il calcio, magnesio e sali minerali aiutano i processi di sintesi dei neurotrasmettitori.
Bisogna ricordare comunque che i meccanismi di sintesi dei neurotrasmettitori sono soggetti a fine e complessa regolazione e che i consigli di cui sopra dovrebbero essere considerati alla stregua dell’igiene dell’alimentazione con potenziali effetti positivi sul ritmo sonno-veglia.
Allo stesso tempo sarebbe buona norma evitare l’assunzione di alimenti che contengono sostanze eccitanti come la coca cola, bevande al ginseng, energy drink e cioccolato.
5. Glutine e lattosio: quale la verità nel ridurre/eliminare questi nutrienti nella dieta dei bambini con danni neurologici o nei bambini a sviluppo tipico?
La dieta priva di glutine è la terapia salvavita dei pazienti affetti da malattia celiaca. Non esistono evidenze sul beneficio dell’esclusione del glutine dalla dieta. Qualche studio ha evidenziato potenziali benefici sulle capacità di comunicazione nei bambini con disturbo di spettro autistico.
Altrettanto mancanti sono le evidenze sul beneficio della dieta priva di lattosio su bambini non affetti da intolleranza. Ciò non toglie che l’individuale quantità di lattosio tollerata può variare ed evitare i carichi di lattosio potrebbe avere senso in condizioni di sintomi da alterata funzione gastrointestinale.
La diete di eliminazione non sono consigliate in soggetti senza una valida indicazione, specie in bambini neurodisabili che sono ad alto rischio di malnutrizione e con precaria salute dell’osso.
6. L’alimentazione e le funzioni intestinali: l’intestino come il secondo cervello – quale il ruolo di integratori nel regolare le funzioni intestinali e ridurre le crisi epilettiche? esiste una correlazione comprovata tra crisi epilettiche e alimenti a basso indice glicemico?
Questo argomento è molto complesso con plurime valenze e ricondurlo all’alimentazione o integratori è riduttivo e potrebbe essere travisato. La stipsi è riconducibile alla dismotilità intestinale che fa parte della patologia neurologica e che è molto difficile da gestire anche farmacologicamente. Non esistono evidenze su molecole che possono agire migliorando la motilità intestinale e la tolleranza dell’alimentazione o nutrizione enterale. Nel frattempo, non possiamo dimenticare che una corretta quota idrica è fondamentale per una buona funzione dell’intestino e nei bambini con patologia neurologica è spesso fortemente carente. Anche le fibre hanno un ruolo chiave nella buona funzione intestinale con maggiore efficacia se utilizzati sistematicamente come parte dell’alimentazione e dell’igiene intestinale piuttosto che per risolvere la stipsi.
Anche la malnutrizione influisce negativamente sulla funzione intestinale – testimonianza di questo è il miglioramento della sintomatologia da reflusso dopo la renutrizione efficace.
Anche nel caso del controllo delle crisi epilettiche consiglierei di seguire le indicazioni del neurologo senza generalizzare le indicazioni. Ricordo che la quota di zuccheri semplici da raccomandazioni dei LARN (Livelli Raccomandati di Nutrienti) è di 12-15% della quota di carboidrati ottenibile con utilizzo di minime quantità di dolci e zuccheri semplici e prevalente uso di amidi e carboidrati complessi. Inoltre la presenza delle fibre modula l’assorbimento degli zuccheri.
7. Dieta chetogena ed epilessia
La dieta chetogena risulta efficace in alcune forme di epilessia farmacoresistente ma non in tutte. L’indicazione dovrebbe essere posta dal medico neurologo o neuropsichiatra infantile e gestita da centri esperti, specialmente se si tratta di dieta con alimenti naturali.
La dieta chetogena si fonda sull’induzione della produzione di corpi chetonici, detta chetogenesi, riducendo al minimo l’apporto di carboidrati e mantenendo un apporto proteico come da fabbisogno. Questa condizione è una forzatura per l’organismo che può risultare favorevole nel silenziare i trigger encefalici di impulsi elettrici. E’ una condizione che richiede molta attenzione per essere conservata – minime dosi di glucosio o altri carboidrati, anche quelli contenuti come eccipienti in vari farmaci, possono annullare la chetogenesi. Pertanto è necessario monitoraggio stretto e stretta aderenza alle indicazioni dietetiche e mediche.
Nel caso di pazienti in nutrizione enterale il compito è più semplice perchè esistono miscele enterali appositamente formulate con diverso rapporto chetogenico e composizione.
Bisogna ricordare inoltre che non conosciamo molto bene gli effetti a lungo termine di questo regime dietetico.
8. Alimentazione e potenziamento aspetti visivi e legati all’attenzione
E’ comune prassi ormai considerare la supplementazione di singoli elementi per “potenziare” diverse funzioni del nostro organismo. Devo sottolineare che questa non è un’affermazione corretta nè dal punto di vista concettuale nè terapeutico. Il motivo principale è che nessun elemento agisce da solo, bensì in concerto con una moltitudine di macro e micronutrienti e questo concetto si chiama omeostasi, ovvero un benessere globale e in equilibrio che il nostro organismo conserva minuziosamente. Disporre di quantità maggiori rispetto al necessario, nella stragrande maggioranza dei casi, non genera effetti positivi e potrebbe avere anche effetti negativi (accumulo o sbilanciamento). In quest’ottica, la migliore terapia è un’alimentazione bilanciata e varia.
Viceversa, in casi di alimentazioni note come carenti, è buona norma integrare gli elementi carenti controllandone gli effetti della supplementazione con una cadenza suggerita dal medico.
9. Intolleranze alimentari ed allergie (es. glutine, lattosio): quali i test e lo specialista per identificare correttamente l’intolleranza?
Prima di tutto occorre specificare che i due termini non sono sinonimi. Si distinguono per il meccanismo patogenetico – reazione immunologica nel caso dell’allergia e deficit enzimatico nel caso dell’intolleranza. Questo comporta naturalmente una modalità di trattamento completamente diversa e, in entrambi i casi è bene rivolgersi ad un medico (allergologo o gastroenterologo, dopo il consulto con il pediatra di famiglia) per venire indirizzati nella strada giusta. Esclusi i casi di allergia severa, specie se IgE mediata, la diagnosi di queste condizioni potrebbe non essere semplice e spesso si ricorre a diete di esclusione improprie.
Nello specifico, l’intolleranza al lattosio è una vera intolleranza dovuta ad un deficit assoluto (2-3% dei casi) o relativo delle lattasi intestinali. Diversamente dall’allergia dove l’esclusione dell’allergene è la terapia, nel caso delle intolleranze, variabili quantità di alimento possono essere tollerate. Il messaggio più importante da dare è quello di evitare l’autogestione perchè l’esclusione del lattosio per lunghi periodi dalla dieta, senza motivo, ha effetti negativi sia sull’assorbimento del calcio sia sulla crescita.
In merito al glutine, esistono 2 condizioni distinte: la malattia celiaca, che è una patologia di natura immunologica che causa atrofia intestinale e l’alterata sensibilità al glutine che invece è una condizione di non chiara patogenesi la cui caratteristica principale è la responsività al glutine alimentare senza fenomeni di atrofia intestinale e reazione anticorpale. Anche in questo caso le diete di eliminazione autogestite possono nascondere insidie e rendere la diagnosi e il trattamento più difficili e tardivi.
10. Per bambini che prendono farmaci (es. antiepilettici, antispastici, etc), come individuare gli alimenti che ne potenziano o diminuiscono gli effetti?
Questo è un argomento difficile da trattare in termini generici ma molto importante. La biodisponibilità di questi farmaci può variare in presenza di varie sostanze che ne modificano l’assorbimento, il pH intestinale ecc. La migliore strategia è quella di accertarsi sulle corrette modalità di assunzione dei farmaci che sono descritte per ognuno di loro e che i neurologi conoscono bene. Questo tema dovrebbe essere discusso anche con il dietologo che gestisce la nutrizione enterale, specialmente in presenza di tempi di infusione prolungati.
11.Carenza di ferro: a quali funzioni contribuisce il ferro? Rimedi della nonna, integratori o alimentazione bilanciata?
Il ferro è un elemento fondamentale, classificabile tra i minerali essenziali. Prima di tutto è parte strutturale dell’emoglobina (65%), mioglobina (10%) ed altri enzimi mentre la ferritina ed emosiderina ne costituiscono i depositi. Il ferro è necessario per la sintesi di emoglobina (proteina che trasporta l'ossigeno alle cellule), di mioglobina e di collagene; è inoltre indispensabile nei processi di respirazione cellulare e nel metabolismo degli acidi nucleici e costituisce parte integrante delle proteine contrattili actina e miosina.
Lo stato del ferro garantisce tutte le funzioni già citate ed è per questo che il suo assorbimento varia in funzione del fabbisogno dell’organismo. Dall’altra parte, la carenza di ferro è piuttosto frequente per cui è importante accertarsene. Il corpo umano comunque dispone di meccanismi di recupero e compenso in caso di carenza, prima che la carenza diventi manifesta. Dal punto di vista alimentare, è noto che la vitamina C migliora l’assorbimento del ferro mentre i fitati e tannini presenti nelle verdure lo riducono. Per una corretta omeostasi del ferro è importante prima di tutto avere un’alimentazione corretta con adeguati apporti. Qualora si dovesse riscontrare uno stato di carenza che si manifesta con riduzione dei depositi e anemia, è bene assumere supplementi di ferro tra i più facili da assorbire e pertanto meglio se consigliati dal medico, perchè la replezione del ferro richiede tempi lunghi dato che l’intestino assorbe solo una piccola parte di ciò che viene ingerito. In considerazione di quanto detto è sicuramente meglio prevenire la carenza di ferro con un’alimentazione corretta e supplementare regolarmente in presenza di regimi alimentari carenti.
12. Dietista, nutrizionista, logopedista, pediatra: quale la figura necessaria in equipe bambino con PCI?
Tutte le figure sopracitate sono necessarie possibilmente in equipe per poter cogliere precocemente segni di disfagia, malnutrizione e per poter intervenire precocemente. Questo è chiaramente espresso nelle linee guida e documenti di diverse società scientifiche.
13. Esigenze nutrizionali per bambini non deambulanti
Il fabbisogno energetico di pazienti con disabilità neurologica è paragonabile a quello dei coetanei senza disabilità. In considerazione della ridotta mobilità spesso è sufficiente fornire il fabbisogno basale ma molto dipende dalla presenza di contratture muscolari, dallo stato nutrizionale, ecc. Il monitoraggio dello stato nutrizionale dovrebbe guidare le indicazioni in questi bambini.
14. Stitichezza: come l’alimentazione può aiutare
L’alimentazione varia con la regolare presenza di frutta, verdura e una corretta quota idrica sono sufficienti per garantire una buona funzionalità intestinale. Nel caso la stipsi persista, è consigliabile l’utilizzo di lassativi osmotici in dose efficace fino a normalizzazione dell’alvo.
15. Dieta vegetariana e vegana
La dieta vegetariana, specialmente se si assumono latte e uova, è un regime alimentare sicuro. La dieta vegana invece non è consigliata nei primi anni di vita per tutti i bambini, anche senza disabilità.
16. Consigli per ricette nutrizionalmente corrette: meglio la merenda fatta in casa o il prodotto confezionato?
La base dell’alimentazione corretta dovrebbe essere la semplicità. Proporre ai bambini alimenti base come il pane con marmellata o crema di ricotta e zucchero o pane con pomodoro, origano e un filo di olio di oliva oppure uno yogurt con fiocchi di cereali ecc ha degli evidenti vantaggi nei bambini soprattutto di tipo educazionale rispetto all’utilizzo di prodotti elaborati come merendine farcite. Questi ultimi hanno necessariamente conservanti e non hanno dall’altro canto vantaggi rispetto agli alimenti semplici di cui sopra. Qualora la scelta sia dettata dalla pronta disponibilità, sono comunque prodotti sicuri. La buona via di mezzo sarebbe alternare le scelte.