La vita dopo l'ictus: CAMILLA
La vita dopo Camilla
Ricordo con esattezza l'espressione della dottoressa che per prima ci ha detto che Camilla aveva avuto un’emorragia celebrale, poi un forte rumore, l'abbraccio disperato con Alessio e la navicella spaziale, anche più comunemente chiamata "termoculla", che se la porta via. Erano passati solo 28 giorni dalla sua nascita, dei giorni molto diversi da come li avevamo immaginati, perchè noi, in cuor nostro, abbiamo sempre saputo che qualcosa non andava, nonostante le rassicurazioni o le accuse di essere genitori ansiosi dei dottori e delle infermiere della TIN dov’era ricoverata per ittero.
Per noi è difficile rispondere alla domanda: “com’è cambiata la vostra vita dopo la diagnosi?” Perchè in verità, nella nostra vita esiste solo il prima e il dopo Camilla, lo stroke è arrivato con lei ed entrambi, insieme, hanno stravolto la nostra vita.
Ciò che è cambiata è l’idea che avevamo della nostra vita con una figlia, avevamo immaginato tutto o quasi, il nostro tutto era un tutto ordinario, senza fisioterapia, senza valutazioni neuropsichiatriche, senza risonanze magnetiche, senza ricoveri riabilitativiti, senza farmaci antiepilettici, senza 104 comma 3, praticamente senza Camilla.
Certo, in qualche modo per noi è stato più “facile” perchè Camilla è la nostra prima figlia e la verità è che non lo sappiamo come sarebbe stato crescere una bambina diversa da lei.
Ogni tanto il confronto con i suoi coetanei ci dà qualche piccolo schiaffetto e ci ricorda che no, la nostra non è la “normalità”, ma qualche secondo dopo torniamo ad osservarla e a pensare che in questi 14 mesi lei ha dimostrato di essere senza dubbio una vera combattente, e che se anche non gattona, non cammina ancora e spesso usa solo una manina, lei è in assoluto la bambina più straordinaria che abbiamo conosciuto.
L’arrivo di Camilla ci ha permesso di scoprire un mondo del quale non sapevamo nulla: genitori straordinari che ci hanno accolto nelle loro vite e ci hanno aiutati a prendere le decisioni che, fino a qui, si sono dimostrate giuste. Abbiamo sentito forte l’affetto dei nostri familiari, degli amici e dei colleghi che ci hanno sostenuti giorno dopo giorno e che non ci hanno mai lasciati soli. Ci siamo aperti agli altri ed abbiamo accettato (a giorni alterni, perchè non è sempre facile) di farci aiutare, perchè un evento del genere non può arrivare nella vita di qualcuno e non lasciare traccia.
Se dovessimo/potessimo dare un consiglio ad una mamma e ad un papà che stanno affrontando il nostro stesso percorso gli diremmo proprio questo: non chiudetevi, confrontatevi con chi ha vissuto tutto questo prima di voi, cercate il conforto tra i vostri affetti più cari, affidatevi a qualcuno che sappia aiutarvi nel modo giusto perchè è difficile non sentirsi sbagliati quando pensi di non essere stato in grado di proteggere la vita di tuo figlio, anche se tutti ti dicono che non è così, che è stato il caso, la genetica, noi lo sappiamo che quel senso di impotenza e tutti quei “ma se avessi” ci rimbomberanno nella testa per molto, molto tempo, ma non per sempre.
Stefania e Alessio