FAMIGLIE SPECIALI, NON PER SCELTA
FAMIGLIE SPECIALI, NON PER SCELTA
Come missione nella vita ci occupiamo di una patologia che colpisce fino a 3 bimbi ogni 1000 nati, che vuol dire che in questo momento in Italia ci saranno almeno 8000 individui per cui lottiamo ogni giorno, 2 milioni nel mondo. Tanti per essere definiti ‘rari’, pochi per interessare realtà più ‘commerciali’. Eppure le lesioni al cervello in età giovanile rimangono la prima causa di disabilità nei minori.
La nostra associazione si chiama ‘Fight the Stroke’ e tutela chi l’ictus l’ha avuto nella pancia della mamma o poco dopo, quando ancora era piccolo ed eliminare i fattori di rischio, come il fumo o un latte troppo grasso, sarebbe servito a poco.
E così famiglie che vivono gravidanze e aspettative serene, si ritrovano ad un certo punto ad essere speciali, fragili, vulnerabili. E non per scelta, non per colpa.
Ogni giorno parliamo con mamme a cui il medico toglie loro ogni speranza (‘dall’ictus non si guarisce’), al lavoro provano a chiedere il part-time e dopo qualche anno arrivano le dimissioni, la vita diventa più complicata, più costi da affrontare, meno tempo a disposizione, e spesso anche il nucleo familiare si sfalda.
E’ questo lo scenario che affronta chi ha un bimbo con paralisi cerebrale infantile, ma per qualsiasi altro caregiver che si trovi a prendere decisioni responsabili su un familiare vulnerabile la situazione non cambia di molto.
Manca una rete di supporto in grado di ammortizzare il colpo del trauma che entra in famiglia e così la rete di protezione ce la siamo creata noi, con un gruppo chiuso su Facebook in cui condividiamo problemi e testiamo soluzioni: è stato per questo che recentemente Facebook Italia ci ha premiati come Campioni della salute (www.premioilcampione.com) per aver ‘osservato’ che oggi la vera innovazione ‘disruptive’ in medicina sono i gruppi di auto-aiuto per oltre 2mld di individui, quel 30% della popolazione globale che si definisce un utente attivo dei social network (fonte: rapporto Digital in 2016 – We are social).
E in tempo di elezioni, candidature e primarie è nata così dal gruppo la nostra proposta di azioni per un società più inclusiva e responsabile, alla maniera di Fightthestroke.
1. Patrocinio delle istituzioni ad attività socio-culturali inclusive: l’offerta delle attività a misura di famiglia con bambini è un indicatore in crescita nelle principali città italiane, complice la disponibilità di risorse allocate sulle famiglie con un solo pargolo. Ci piacerebbe però non dover più telefonare per chiedere se a quella mostra c’è una rampa di accesso agevolato ma poter contare su un’amministrazione comunale che concede il proprio patrocinio solo alle attività ‘certificate’ come inclusive e non discriminanti. Non dovrebbe essere un provvedimento così oneroso.
2. Esposizione alla diversità fin da piccoli: c’è stato un gran fermento di recente in rete sull’opportunità o meno di creare dei giochi che rappresentino la disabilità (http://giornimoderni.donnamoderna.com/societa/barbie-curvy-lego-carrozzella); ecco, noi la pensiamo diversamente, l’abbiamo scritto anche qua (http://www.fightthestroke.org/lottaesorridi/) e proponiamo perciò un’esposizione alla diversità ‘reale’ fin da piccoli: sugli oltre 200.000 alunni con disabilità in Italia, cosa vorrebbe dire abilitare i giovani studenti ad un percorso di mentorship dei loro pari più svantaggiati?
3. Smartworking è anche wifi nelle sale d’attesa degli ospedali e dei centri di riabilitazione: i bambini che conosciamo noi frequentano due o tre volte alla settimana dei centri di riabilitazione sul territorio, dove le sale d’attesa pullulano di mamme che quasi sempre fruiscono dei permessi Legge 104 per queste ore di ‘pausa’ dal lavoro. Sarà cosi difficile per un operatore telco offrire una connessione wifi in questi ambienti e permettere ai genitori speciali di continuare ad essere produttivi anche quando sono forzati ad essere lontani dalla scrivania?
4. Agevolazioni per il reintegro lavorativo del caregiver donna: da un’indagine molto sommaria sul nostro gruppo l’80% delle rispondenti mamme dichiara di non lavorare più, ci si prova a rientrare in ufficio dopo una maternità difficile ma tra occhiatacce e logorii familiari alla fine si rinuncia. Si può fare qualcosa? Progetti come MAAM http://maternityasamaster.com/workshop/ vanno in questa direzione ma le mamme fragili portano il peso di una minore flessibilità rispetto alle mamme ‘tipiche’; cosa succederebbe se anche questi genitori fossero inclusi qui ad esempio http://www.jobmetoo.com/, nelle liste dei posti di lavoro per categorie protette?
5. Fisioterapista a scuola: muoverne 1 per educarne 30. Invece di spostare 1 bimbo per 3 volte alla settimana, per fare sessioni di psicomotricità o terapia occupazionale, cosa succederebbe se spostassimo la terapista in classe? Farà mica male agli altri 29 alunni? Questa si che sarebbe una #buonascuola per noi.
Perchè la salute è un problema di tutti e basta poco per diventare famiglie speciali.
Puoi contribuire anche tu ad aiutare i giovani sopravvissuti all’Ictus informandoti e acquistando qui il libro ‘Lotta e sorridi’ edito da Sperling&Kupfer: http://www.amazon.it/Lotta-sorridi-Francesca-Fedeli/dp/8820057700/ref=tmm_hrd_title_0?ie=UTF8&qid=1424172150&sr=1-1
Oppure con una donazione all’Associazione www.fighttehstroke.org sul sito o all'IBAN IT95T0335901600100000131356